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Una nuova sintonia con Berlino per rilanciare il sogno europeo

Intervento al Convegno "L'Unione Europea tra interessi nazionali e influsso internazionale: che cosa ci aspettiamo dalla presidenza tedesca della Ue?" organizzato a Trento il 16 e 17 marzo 2007 da Fondazione B. Kessler

 

Nel suo discorso al Parlamento europeo, all'inizio del semestre di presidenza tedesca dell'Unione (17 gennaio 2007), la cancelliera federale Angela Merkel ha definito l'Unione europea «una storia di successo senza precedenti». In effetti, cinquant'anni dopo i Trattati di Roma, l'Unione si presenta con due grandi risultati all'attivo: la riunificazione pacifica del Continente (quello che con un termine assolutamente riduttivo viene definito «allargamento»), in uno spazio politico contraddistinto dalla pace, dalla democrazia, dal benessere economico e dalla solidarietà sociale; e la moneta unica, l'euro, patrimonio comune a tutti gli europei, anche quelli che non l'hanno adottata come divisa, ormai seconda (e non più tanto seconda) valuta di riferimento nel mondo, sorgente di quel bene inestimabile che è la stabilità. Va tuttavia osservato che nessuno di questi due risultati è motivo solo di popolarità dell'Unione: l'allargamento sta riproponendo domande identitarie, spesso cupe, talvolta intolleranti o perfino aggressive, che si credevano superate per sempre; e l'euro, che poggia su un patto di stabilità e di crescita, ha egregiamente garantito la prima, della quale peraltro ci si accorge solo quando la si perde, ma finora troppo poco la seconda, col risultato che agli occhi di molti cittadini europei ha assunto le sembianze di un Moloch avido di sacrifici umani.

 

Queste due paradossali impopolarità dei due grandi successi dell'Unione sono alla base della più grave crisi che il processo di integrazione ha conosciuto negli ultimi anni: il clamoroso risultato dei due referendum, francese ed olandese, col quale i popoli di due tra gli Stati fondatori dell'Europa unita e dell'Unione monetaria hanno bocciato il trattato costituzionale facendo deragliare il treno della costruzione dell'Europa politica e non solo economica. Un salto di qualità reso necessario non solo e non tanto da problemi di governabilità interna all'Unione, pure non indifferenti in un condominio di 27 paesi, quanto soprattutto dall'esigenza e dall'ambizione di fare dell'Unione un protagonista globale, capace di parlare con una voce sola nel mondo: l'unica via per contare dinanzi a potenze come gli Stati Uniti e la Russia, ma anche a nuovi protagonisti come la Cina, l'India, il Brasile.

 

È proprio in questo intreccio tra riforma costituzionale e soggettività politica internazionale, che l'evoluzione dell'Unione verso l'Europa politica incontra maggiori difficoltà e resistenze. Perché l'Europa deve il suo straordinario successo, in termini di attrazione di nuovi paesi, che hanno chiesto o chiedono di entrare, proprio alla sua originale natura di spazio economico, giuridico e politico non statuale, o post-statuale.

 

L'Europa non è un Super-Stato al quale gli Stati membri debbano consegnare la propria sovranità, ma un'esperienza inedita di condivisione della sovranità: che funziona egregiamente, o almeno in modo soddisfacente, fintanto che si tratta di politica interna all'Unione, ma risulta del tutto inadeguata quando si tratti di fare politica estera, per contare nel mondo.

 

Qui sta la necessità e insieme la difficoltà, teorica oltre che politica, con la quale l'Unione si trova a confrontarsi. Per provarci, è necessaria ed urgente un'iniziativa politica forte in quattro direzioni: rimettere in moto il processo verso il trattato costituzionale; rilanciare la strategia della crescita (Lisbona); muovere passi concreti nella direzione di una politica estera e di difesa comune; dissipare le paure prodotte dall'allargamento. Se un paese dell'Unione può oggi riuscire almeno a rimettere in marcia il convoglio europeo, questo paese è certamente la Germania: che mai come in questo momento ha avuto una posizione così baricentrica.

 

Sotto il profilo geopolitico, dopo l'allargamento ad Est. Sotto il profilo politico, grazie alla Grosse Koalition Cdu-Spd.Nelle relazioni transatlantiche, nelle quali la Germania della Merkel si colloca oltre il dualismo tra «vecchia» e «nuova» Europa della fase della guerra in Iraq.Sul piano economico, grazie alla ripresa in atto della sua grande economia, che dopo anni di stagnazione sta tornando a svolgere il tradizionale ruolo di locomotiva.

 

Il discorso di Angela Merkel al Parlamento di Strasburgo è stato un ottimo inizio della presidenza tedesca.

Sono nata in Europa, ha detto la Bundeskanzlerin, ma è solo da diciassette anni che sono cittadina dell'Unione, dopo la riunificazione tedesca. E c'è qualcosa di simbolico, ha aggiunto, nel fatto che il 50° dei trattati di Roma sia celebrato a Berlino, la città simbolo della riunificazione dopo la Guerra Fredda. In soli 50 anni, «un battito di ciglia nella storia», l'Europa ha percorso un cammino così lungo. Citando Delors, la Merkel riconosce che l'Europa ha bisogno di un'anima, ma sostiene che quest'anima c'è, va solo messa in evidenza. Si chiama libertà, si chiama tolleranza.

 

«L'anima dell'Europa è tolleranza. L'Europa è il continente della tolleranza. Ci abbiamo messo dei secoli per impararlo… Fino al peggiore periodo di odio, devastazione e distruzione. Perpetrato nel nome del mio popolo». «Questa storia - è il passaggio successivo, chiaramente rivolto al mondo arabo-islamico - non ci consente di guardare dall'alto in basso le culture e le religioni che hanno ancora problemi nel praticare la tolleranza. Ma ci obbliga a promuoverla in Europa e nel mondo, e ad aiutare chiunque la pratichi».

 

Ecco la sintesi, oltre lo scontro di civiltà e il relativismo etico. Non a caso, nel programma della presidenza tedesca, si legge che «la Germania incentiverà i negoziati di adesione in corso con la Turchia e la Croazia» (e poi con tutti gli altri paesi balcanici). Il successo dell'allargamento, sostiene la Merkel, impone un rafforzamento della governance europea e dunque una ripresa concludente del processo costituente.

 

«La fase della riflessione è finita», ha detto la cancelliera. Che si è impegnata a portare una proposta di «road-map» al Consiglio europeo di giugno.

Uno scadenzario che porti all'approvazione di un trattato costituzionale prima delle elezioni del 2009. «Non farlo - ha concluso - sarebbe un fallimento storico».

 

L'Italia ha tutto l'interesse ad agevolare, favorire, incoraggiare il programma della presidenza tedesca. Con Merkel e Prodi, dopo gli anni freddi di Schröder e Berlusconi, tra Germania e Italia è tornata una sintonia forte, geopolitica (entrambi ponte, verso Est o verso il Mediterraneo), politica (popolar-socialista), nelle relazioni transatlantiche (più collaborative o meno subalterne), nella convergenza economica.

 

Noi lavoreremo per questo, anche usando la circostanza simbolica del doppio festeggiamento del 50° dei trattati: a Roma il 24 e a Berlino il 25 marzo prossimi.