Nov
17
2011
Con Monti l'Italia torna in serie A
Articolo pubblicato su "L'Unità"
  La Camera non aveva ancora votato la fiducia al governo Monti e già l'Italia veniva riammessa in serie A. Dopo anni di umilianti esclusioni, giovedì a Strasburgo ci sarà un vertice a tre: Merkel-Sarkozy-Monti. I tre grandi paesi fondatori dell'Europa (e dell'euro) tornano a parlarsi in modo diretto e a cercare insieme la via d'uscita dalla crisi più grave dal dopoguerra ad oggi. Non poteva esserci migliore conferma per la coraggiosa scelta del PD di sostenere la proposta del presidente Napolitano di formare un nuovo governo, un "governo di impegno nazionale", come lo ha definito lo stesso Monti, e di accordargli in Parlamento una fiducia piena.

La mossa Napolitano-Monti, sostenuta responsabilmente da Berlusconi, Bersani e Casini, ha sbloccato il pericoloso stallo nel quale stavano entrando sia l'Italia che l'Europa: uno stallo che poteva portare ad un esito catastrofico su scala planetaria, come dimostra l'angoscia con la quale lo stesso Obama segue gli sviluppi della crisi italo-europea. Per affrontare in modo credibile e vincente la crisi del suo troppo grande debito pubblico, l'Italia ha bisogno dell'Europa, di un'Europa che accetti il ruolo di garante di ultima istanza del debito stesso. Se questo non avviene, l'Italia (come la Grecia, la Spagna, presto forse perfino la Francia) rischia di avvitarsi in una rincorsa senza fine di tassi d'interesse che continuano a crescere, mangiandosi una dopo l'altra le manovre restrittive, che a loro volta producono depressione economica. Ma per fare la cosa giusta, l'Europa (e in particolare la Germania) ha bisogno dell'Italia: ha bisogno dell'impegno, credibile, affidabile, degli italiani a uscire dalla trappola dell'economia fondata sul debito, attraverso riforme coraggiose che perseguano in modo contestuale l'obiettivo uno e trino del rigore finanziario, della crescita economica e dell'equità sociale.

Il governo Berlusconi non poteva garantire questi risultati, per lo stato confusionale nel quale versava il governo (basti pensare alla conflittualità tra premier e ministro dell'economia, micidiale per la credibilità di entrambi) e per la tragicomica fragilità della maggioranza. Ma neppure la possibile alternativa, dobbiamo dircelo con crudo realismo, era in grado di farlo: una alternativa segnata simbolicamente dalla foto di Vasto (un "Nuovo Ulivo" in realtà più simile ad una Unione senza Prodi) e dalla incredibile, autolesionistica campagna d'autunno di dirigenti di primo piano della segreteria del Partito democratico, all'unisono con i giornali della sinistra radicale, contro la strategia della Bce (presieduta da Mario Draghi...) definita "parte del problema e non della soluzione" e contro "l'Europa di destra" della Merkel e di Sarkozy, dipinti come prigionieri di un improbabile "neo-liberismo".

Con l'Italia bloccata, restava bloccata anche l'Europa e lo stallo poteva precipitare in modo catastrofico. La messa in campo, nel giro di una settimana, del governo Monti, con la sua larga maggioranza e il suo coraggioso programma di riforme, ha cominciato a sbloccare la situazione, facendo subito riprendere quota all'Italia e all'Europa. Ma è chiaro che il propellente del possibile colpo d'ala non può essere solo la personale autorevolezza di Mario Monti, ma il robusto programma di riforme che lo stesso presidente del Consiglio ha annunciato in Parlamento. Si tratta di riforme che fanno parte del codice genetico originario del PD: basterebbe andare a rileggersi il programma elettorale con il quale siamo stati eletti tutti noi più di trecento parlamentari democratici, in rappresentanza di quel 33 e mezzo per cento di italiani che ci hanno dato la loro fiducia.

Non sarà una passeggiata sostenere l'Agenda Monti in parlamento e nel paese. Ma ci sarà di grande aiuto la consapevolezza crescente, tra gli italiani, che solo attraverso riforme coraggiose avremo risanamento finanziario, crescita economica e giustizia sociale. E rimetteremo in marcia sia l'Italia che l'Europa.

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