Oct
05
2011
La nostra sovranità è limitata dal debito
Articolo pubblicato su L'Unità
  La critica più grottesca, mossa a Trichet e Draghi per la loro ruvida lettera al governo italiano, è quella di aver calpestato la nostra "sovranità". Si dimentica che, nel bene e nel male, in particolare in campo economico, la nostra è una sovranità assai limitata.

Nel bene, innanzi tutto: perché grazie al formidabile impulso politico di Alcide De Gasperi, in sintonia con uomini capaci di visione come Altiero Spinelli, l'Italia è stata tra i  protagonisti della costruzione dell'Unione europea, che insieme all'Onu e ancor più dell'Onu è ambiziosa attuazione dell'articolo 11 della Costituzione, quello che fonda il nostro "ripudio della guerra" proprio sulle "limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni". È grazie alla fecondità di quella idea e all'impegno che per essa hanno profuso uomini della statura di Napolitano e Prodi, Ciampi e Padoa-Schioppa, se oggi abbiamo in tasca lo stesso passaporto e la stessa moneta di centinaia di milioni di nostri concittadini europei.

Ma queste straordinarie conquiste impongono una disciplina comune, che deve essere accettata e praticata da tutti i paesi europei, a cominciare da quelli dall'area dell'euro. In particolare, la moneta comune impone obiettivi di convergenza sia di finanza pubblica (pareggio strutturale del bilancio e riduzione del debito), sia macroeconomici (crescita, produttività, competitività), che le nuove regole di governance economica europea, elaborate e approvate nel corso dell'ultimo anno, rendono più stringenti e oggetto di continue verifiche, da parte sia della Commissione europea, che della stessa Bce. Si tratta di regole che, di per sé, non sono né di destra né di sinistra, come non è né di destra né di sinistra tenere sotto controllo la pressione arteriosa o il rapporto altezza-peso. Enrico Letta ha spiegato con grande efficacia quanto poco "di sinistra" sia pagare, ogni anno, quasi cento miliardi di euro di interessi sul nostro debito, invece che impiegarli per la scuola, la ricerca, la famiglia, gli ammortizzatori sociali.

E qui veniamo allora al secondo aspetto della limitazione della nostra sovranità, quello patologico, che nega la condizione dettata dall'articolo 11 alle limitazioni di sovranità: l'Italia consente ad esse, ma "in condizioni di parità con gli altri Stati". Questa parità oggi non c'è: non sul piano formale, ma su quello sostanziale. Perché non si è mai visto un debitore incallito, per di più con un reddito che non cresce, quando non diminuisce, stabilire relazioni di parità con i suoi creditori. Tanto meno se questo debitore incallito ha la statura politica e morale di chi oggi governa l'Italia e la rappresenta in ambito europeo e internazionale. Il famoso spread, ossia la forbice tra gli interessi che dobbiamo pagare noi ai nostri creditori e quello che devono pagare i tedeschi ai loro, nasce anche da qui, dalla caduta di fiducia nella capacità, innanzi tutto politica, dell'Italia, di rientrare dal debito. E da qui nasce anche il montante disprezzo degli italiani per la politica, sempre più vista come parte del problema, anziché della soluzione.

Cambiare la guida politica del paese, dando vita ad un governo di responsabilità nazionale, è dunque necessario e urgente, drammaticamente urgente: per l'Italia e per l'Europa. Per l'Italia, innanzi tutto, perché solo per questa via è possibile ricostruire la fiducia nella capacità del nostro paese di uscire dalla trappola del debito alto e della crescita bassa, attraverso un coraggioso programma di riforme: della spesa pubblica, del fisco, del mercato del lavoro e di quello dei servizi. Insomma un programma che, non necessariamente nel dettaglio delle proposte, ma nell'altezza della sfida, sia al livello di quello chiesto dalla Bce.

Solo per questa via è possibile ricostruire quelle "condizioni di parità" con gli altri che oggi abbiamo perduto. E che oggi impediscono all'Italia di dire la sua sul futuro dell'Europa. Un futuro che noi vogliamo sia quello di una vera federazione, gli Stati Uniti d'Europa, con un loro presidente, una loro moneta e un loro esercito, con una politica economica e un loro sistema fiscale. E quindi anche, per cominciare, con quegli Eurobond che consentano di finanziare le politiche espansive che gli stati non possono più fare.

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