Per produrre quello spostamento, il Pd deve "innovare e quindi rischiare", per dirla con Balzani
Deve innovare la sua proposta politica, affrontando in modo non reticente il nodo di fondo dinanzi al quale si trova oggi il paese: come ristrutturare la spesa pubblica, in modo da liberare risorse per allentare il cappio del debito e dare ossigeno alla crescita della produzione e dell'occupazione.
Sì tratta, come è evidente, di una innovazione politica rischiosa sul piano elettorale, perché stressa aree non marginali della costituency democratica. D'altra parte, il rischio va corso, se non si vuole ricadere nella trappola del "riformismo dall'alto"' vincere le elezioni grazie alla mobilitazione propria e alla smobilitazione altrui e poi trovarsi a prendere decisioni impopolari presso il proprio stesso elettorato. Qui entra in gioco il secondo aspetto, la forma-partito. Le primarie, quelle per selezionare il leader-candidato-premier, sono uno strumento imprescindibile per un partito che voglia essere riformista, in quanto mirano a far emergere la proposta di governo e la leadership che la incarna, da un confronto pubblico alla luce del sole e non da riti unanimistici perché reticenti. Il modello Torino è da questo punto di vista quello sul quale più vale la pena riflettere.
A costo di rischiare
Ma la similitudine con l'impresa familiare alla seconda generazione si attaglia in modo evidente anche al difficile passaggio dinanzi al quale si trova il Pdl. Più forte del Partito democratico sul mercato elettorale, se vuole mantenere il primato e resistere alla sfida competitiva che il Partito democratico potrebbe (lo spero) decidersi di lanciare, deve anch'esso "innovare e rischiare". Innanzi tutto sul terreno programmatico, incalzando il ministro del Tesoro Giulio Tremonti dal lato opposto a quello finora frequentato: abbandonare la tattica dei "tagli lineari", ma non per allargare i cordoni della borsa, cioè tornando ad un impossibile deficit-spending, ma in favore di una vera, strutturale, spending-review. Anche per il Pdl, un salto di qualità di questa natura, oltre il populismo berlusconiano, non si può realizzare con le procedure dell'azienda familiare, ma solo con quelle della contendibilità sul mercato. Ci si stanno avvicinando, ma non ci sono ancora arrivati. Si potrà dire che il salto è compiuto, solo quando ì vari pretendenti, anziché dire, "se Silvio fa un passo indietro, io ci sono", cominceranno a dire, "con tutto il rispetto, caro Silvio, io ci sono e ti sfido". Anche per il Pdl si tratta di un passaggio difficilmente aggirabile. Perché le prossime elezioni, al più tardi nel 2013, le vincerà chi avrà saputo meglio innovare, anche a costo di rischiare.