Credo non sia esagerato definirlo un passaggio storico e, tuttavia, signor Presidente, questo non si direbbe, sia - come veniva detto anche dai colleghi della maggioranza - sfogliando la stampa, i media del nostro Paese, che sono in ben altre faccende affaccendati e appassionati, ma anche - non possiamo non dirlo - guardando fra i banchi del Governo che solo adesso si sono riempiti con alcuni Ministri ma che hanno mostrato in tutte le fasi di questo nostro confronto la vistosa assenza del Presidente del Consiglio.
È stato ricordato stamattina come tutti i Capi di Governo abbiano posto in cima alla loro agenda il confronto su questi temi, tutti i Capi di Governo europei tranne il nostro Presidente del Consiglio che evidentemente non ha ritenuto questo tema di sufficiente interesse per potersi confrontare, come ha fatto, ad esempio, la cancelliera Merkel che, prima di presentarsi al Consiglio europeo, è stata un giorno intero al Bundestag a confrontarsi con i deputati. Il nostro Presidente del Consiglio, invece, non ha proferito verbo su questa questione e non abbiamo avuto il dono di vederlo in Parlamento.
E non abbiamo visto in Parlamento neppure il ministro Tremonti, che pure è stato il dominus di questo dossier, lui che ha fatto parte della task force e che ha partecipato al confronto in sede di gruppo di lavoro a Bruxelles e che, quindi, ha predisposto gli atti e partecipato a nome dell'Italia all'elaborazione del Piano.
Non abbiamo visto il ministro Ronchi, che pure è il primo firmatario del programma di riforme, e non si è presentato. Non c'è.
E non abbiamo avuto il dono di un confronto con il ministro Frattini sulle implicazioni di politica estera che questo passaggio storico comporta per l'Europa e per il nostro Paese.
Insomma, signor Presidente, così non va e noi le chiediamo, anche in qualità di Presidente del Senato, di far osservare al Governo questo aspetto. Se non fosse stato per l'opposizione il Parlamento sarebbe stato completamente bypassato in questo passaggio storico per l'Europa e per il nostro Paese.
Perché sia un passaggio storico per l'Europa è stato detto ampiamente e, quindi, non lo ripeto, ma in sostanza c'è un capovolgimento nella procedura di governo delle politiche economiche, nel rapporto tra gli Stati e l'Unione, con una significativa - verrebbe da dire spettacolare - cessione di sovranità da parte degli Stati nei confronti dell'Unione.
È un fatto che salutiamo come enormemente positivo perché abbiamo detto per anni che accanto all'unione monetaria ci doveva essere una gamba di unione sulle politiche di bilancio e economiche. Finalmente questa gamba c'è, però questa conquista apre due problemi di cui vorremmo discutere con il Governo, che è assente.
Il primo problema è il merito di queste politiche economiche che vengono scelte e decise a livello europeo. Siamo assolutamente d'accordo con il rigore: non ci può essere crescita se non c'è rigore e il collega Morando oggi ha spiegato benissimo come il debito, non solo non sia stato fatto per sostenere la crescita, ma sia oggi, anzi, uno degli elementi che più impediscono la crescita delle economie europee, in particolare di quelle indebitate come la nostra. Ma, accanto al rigore, ci deve essere la politica di espansione, la politica di investimenti da parte dell'Unione, non solo dei singoli Stati, valorizzando al meglio quello risorsa inestimabile che è la nostra moneta comune.
Questo non c'è e non si capisce perché il Governo italiano non abbia fatto di questo tema (quello dei cosiddetti Eurobond, che pure il ministro Tremonti, nelle conferenze di cui è prodigo, ama citare come una sua bandiera e in realtà sappiamo che è una bandiera ripresa dal Piano Delors del 1992) uno strumento per cercare di unificare le forze politiche del nostro Paese nel chiedere in maniera impegnativa in Europa una politica di investimenti fondata sull'Eurobond, utilizzando quindi al meglio la forza della nostra moneta. Non si capisce perché il Governo non ne abbia fatto una posizione negoziale forte, determinata, precisa e convinta. Adesso ci saremmo potuti trovare in una condizione assai diversa, cioè quella, da un lato, di fare certamente politiche di rigore, ma, allo stesso tempo, di poter però costruire gli strumenti per una politica di investimenti a livello europeo.
L'altro grande tema è quello della sovranità politica e della democrazia. La Lega per anni ha posto questo problema: la democrazia che si interrompe nella tecnocratica Bruxelles. È un tema che ha un suo fondamento, anche se è stato agitato in modo propagandistico e dal nostro punto di vista inaccettabile. Tuttavia proprio questa era l'occasione per chiedersi come costruire un circuito democratico positivo per decisioni così impegnative che vengono prese a livello intergovernativo.
Ci sono allora due temi. Il primo è, anzitutto, quale sia la prospettiva. Pensiamo che la prospettiva debba essere quella della costruzione di una vera unione politica, dopo avere costruito - e la stiamo costruendo sempre più - l'Unione economica. Pensiamo vi debba essere quanto prima da parte dei popoli europei l'elezione di un Presidente degli Stati Uniti d'Europa, che possa essere il titolare primo di una politica economica delle grandi scelte che riguardano il destino di tutti i popoli d'Europa. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Gustavino).
Questo tema deve essere ripreso, ma, in attesa, in una fase intermedia che probabilmente sarà lunga, diventa cruciale il rapporto tra Parlamenti, opinioni pubbliche nazionali e Governi, perché se le decisioni le prendono i Governi è essenziale che questi siano legittimate democraticamente presso le rispettive opinioni pubbliche. Oggi ciò non avviene, in modo particolare nel nostro Paese, come dimostrano i banchi del Governo, che sono rimasti sistematicamente vuoti, almeno nei livelli delle massime responsabilità, dall'inizio alla fine di questo percorso.
Se il rapporto tra Governo e Parlamento è opaco ciò costituisce non solo una ferita che viene inferta al corpo del Parlamento, ma un disastro dal punto di vista della costruzione del consenso attorno a politiche impegnative. Abbiamo davanti a noi una montagna da scalare, come dirò brevemente; come possiamo pensare di farlo senza preparare a questo il Paese, senza parlare di questo con il Paese, con le forze sociali e l'opinione pubblica? Il Paese deve essere pronto ad affrontare un passaggio così difficile e delicato, altrimenti come faremo nei prossimi mesi a rendere possibili le decisioni impegnative che dobbiamo affrontare?
Ed ecco allora il terzo ed ultimo punto. Questo è un passaggio storico per l'Italia e lo è perché siamo chiamati a fare due cose: il Programma di riforme e, nello stesso tempo, un Programma di risanamento. Riforme e risanamento che sono la scalata di una parete di sesto grado. Noi, come è stato già detto, probabilmente per una manovra sul debito dovremo trovare qualcosa che si avvicina ai 40 miliardi di euro nei prossimi cinque mesi, perché è entro aprile che va presentata una manovra del genere.
Il Paese questo non lo sa e non lo sa perché non c'è un Governo che glielo dice. Allora ,è evidente che non potremo affrontare un passaggio di questo genere con una incertezza, una precarietà, una instabilità politica come quella che abbiamo davanti a noi.
Oggi il senatore Grillo ha detto che solo il centrodestra è in grado di fare una manovra che consenta di stare dentro i vincoli europei. Benissimo, fatelo. Avete i numeri per farlo.
Di fronte alla crisi che il Paese sta vivendo, di fronte alla drammatica crisi politica che il Paese sta vivendo se il centro-destra è in grado, se voi siete in grado di dare ancora un Governo al nostro Paese fatelo nelle prossime ore, non c'è più tempo da perdere. Se non siete in grado di farlo andate dal Presidente della Repubblica e consegnate a lui la responsabile di trovare un percorso nuovo per il Paese, un percorso che consenta all'Italia di affrontare il passaggio storico nel quale siamo immersi.