Al Senato della Repubblica italiana, che su proposta del gruppo del PD ha tenuto una seduta sullo stesso argomento, il governo Berlusconi si è fatto rappresentare dal sottosegretario Casero. Non poteva esserci fotografia più chiara della drammatica situazione politica italiana: il governo politico del Paese di fatto non c'è più. Quel che ne resta è troppo intento a districarsi tra scandali a luci rosse, lodi alfani, legittimi impedimenti, case monegasche, ville antigue, compravendite di parlamentari e palinsesti televisivi, per occuparsi di una bazzecola come la nuova governance economica dell'Unione. L'unico che se ne occupa, quasi a tempo pieno, è il governo tecnico che c'è già: è il governo monocratico Giulio Tremonti. Una sorta di "commissario ad acta" dell'Unione europea (e del paese che dell'Unione detiene la golden share, cioè la Germania), che sta prendendo, da solo e senza risponderne a nessuno, né al presidente del Consiglio, né al Governo, tanto meno al Parlamento, decisioni che riguardano i prossimi vent'anni di vita del Paese.
Il rapporto della task force, che Tremonti ha contribuito a scrivere e comunque ad approvare, è un'ottima notizia per l'Europa e insieme una sfida drammatica per l'Italia. E' un'ottima notizia per l'Europa, perché dimostra che il Vecchio Continente ha saputo reagire con tempestività e determinazione alla grande recessione del 2008-2009 e ha imparato in fretta la lezione della crisi greca, che aveva minacciato seriamente la stessa sopravvivenza dell'Euro. La risposta europea non è stata, come pure si era temuto, chiusa in difesa e giocata all'insegna dell'euroscetticismo dei nuovi nazionalismi, che pure impazzano per ogni dove. Al contrario, è stata un vero e proprio colpo d'ala nel processo di integrazione europea: il cuore della "nuova Maastricht" sta nel cosiddetto "semestre europeo", che capovolge il rapporto tra Unione e Stati nelle politiche finanziarie ed economiche. Fino ad oggi, mentre la politica monetaria, almeno nell'area dell'Euro, era stata devoluta all'Unione, le politiche finanziarie ed economiche erano rimaste in mano ai singoli governi: salvo il rispetto, peraltro sempre più aleatorio, dei famosi parametri comuni. Dal 1 gennaio 2011, quella che chiamavamo la "finanziaria" diventa una manovra europea: a gennaio di ogni anno la Commissione presenta l'indagine annuale sulla crescita; tra febbraio e marzo il consiglio elabora il "Dpef" europeo; a metà aprile, i governi presentano i loro piani di stabilità e convergenza e di riforme macroeconomiche, che entro giugno vengono esaminati dalla Commissione e poi dal Consiglio Ecofin che approva le raccomandazioni di politica economica e di bilancio rivolte ai singoli stati membri. Così si conclude il "semestre europeo" e comincia il semestre entro il quale ogni paese deve approvare la sua finanziaria, che diventa una sorta di applicazione nazionale della finanziaria europea.
L'Europa esce dunque significativamente rafforzata da questa riforma-lampo della sua governance economica e finanziaria: i singoli stati devono rendere conto agli altri della loro situazione finanziaria (non più solo il deficit annuale, ma anche il debito) e della loro situazione economica (tasso di crescita, indebitamento delle famiglie e delle banche, debito previdenziale, bilancia dei pagamenti...). La Germania ha inoltre chiesto e ottenuto l'avvio di una procedura di modifica dei Trattati, che dovrà concludersi entro il 2013: per l'istituzione di un Fondo monetario europeo per la gestione delle crisi e per l'inasprimento delle sanzioni nei riguardi dei paesi inadempienti.
E' a questo punto evidente perché la "nuova Maastricht", che è un'ottima notizia per l'Europa, è anche una sfida drammatica per l'Italia. Sulla base del rapporto della task force, approvato da Tremonti e ratificato da Berlusconi, l'Italia dovrà presentare entro aprile 2011 un piano nazionale di riforme economiche e sociali, finalizzato a ridurre i nostri squilibri (a cominciare da produttività e competitività), le cui linee essenziali devono essere anticipate in un documento da consegnare entro il... 12 novembre 2010! Avete capito bene, entro i prossimi dieci giorni. Sempre entro aprile 2011, l'Italia dovrà presentare il piano di stabilità e convergenza, che dovrà contenere la manovra pluriennale di riduzione del debito entro il parametro del 60 per cento del pil. La misura annuale proposta dalla Commissione comporterebbe per l'Italia uno sforzo misurabile in circa 25 miliardi l'anno, ovviamente al netto del finanziamento del deficit annuale. Sulla proposta della Commissione si aprirà ora una trattativa, possiamo sperare in uno sconto, anche facendo leva sulla sostenibilità del nostro debito privato, ma è inutile farsi o seminare illusioni: un prezzo da pagare ci sarà e sarà molto salato.
Il problema è come affrontare questi due passaggi, rispettivamente di finanza pubblica e di riforme economiche, con un governo politico morto e un governo tecnico monocratico.
Ha dunque ragione Bersani quando dice, esasperato: "staccate la spina". A condizione che si sappia, che noi democratici per primi sappiamo, che dopo ci vorrà molto di più di un governo per la riforma elettorale: ci vorrà un governo che sappia condurre il Paese ad affrontare uno dei passaggi più difficili della sua storia.
in attesa che passi il 24 luglio, e ci vorrà del tempo( fulminante la profezia di Severgnini nel suo "Berlusconi spiegato ai posteri": "attenzione: Berlusconi potrebbe, quando nessuno se l'aspetta, smettere di tingersi i capelli, abbandonare le occhiaie alla forza di gravità,,rilasciare lo stomaco e proclamarsi anziano padre della patria. A quel punto ce lo ritroveremmo al Quirinale, presidente della Repubblica. E gli avversari, come sempre, si chiederebbero come è potuto succedere." In attesa del fatidico ribaltone, vedo che Bersani vuole fare la guerra a San Remo. Tornare ai canti delle mondine e dei giovani universitari, al prefascismo quindi, non mi pare una bestemmia. Potremmo chiedere a Quinto Antonelli di tenerci una lezione sull'origine storica dei canti e invitare Bersani a partecipare. Sull'Europa e Tremonti il quadro che fai è davvero preoccupante: è proprio il caso di arrivare presto, ome dicevano Spinelli e Rossi, ai partiti europei. Perchè nel Trentino non partiamo con il tesseramento multiplo, alla Pannella? Sullo scenario alpino-europeo abbiamo solo l'imbarazzo della scelta: sole + stella alpina + quercia + vanga ecc. Con la tessera del PD nazionale di scorta non corriamo il pericolo di rimanere per strada e intanto possiamo intraprendere il viaggio verso la capitale (Berlino, quella dell'orso).
Vincenzo