I riformisti per una nuova sovranità
1. Libertà e uguaglianza sono i due pilastri della democrazia. Insieme alla fraternità, al sentirsi partecipi di un destino comune. La democrazia riconosce e quindi presuppone questi tre principi fondativi. E, al tempo stesso, consente loro di divenire esperienza storica, stabile e non effimera.
2. Ma la democrazia moderna nasce essenzialmente come riforma della sovranità, intesa come monopolio della forza, del potere. La sovranità, attributo del re, in democrazia appartiene al popolo, che la esercita attraverso il diritto. Il potere non viene dunque eliminato, ma per così dire «addomesticato». Dal diritto e dal consenso. Ma la demo-crazia presuppone la «crazìa», ossia il potere, la sovranità.
3. La questione democratica contemporanea ha quindi molto a che vedere con la metamorfosi del potere, a sua volta indotta da tre grandi mutamenti storici, che affondano le loro radici nella modernità occidentale, ma vanno manifestandosi nel nostro tempo con una inedita radicalità: la differenziazione, funzionalistica anziché gerarchica; la secolarizzazione, intesa come critica e crisi del principio di autorità e di appartenenza comunitaria; e naturalmente la globalizzazione, che pone l’Occidente non solo a confronto, ma in dura competizione col resto del mondo.
4. Chi guadagna e chi perde dalla globalizzazione: l’elefante di Milanovic. La competizione per l’innovazione tecnologica, tendenzialmente labour saving; l’immigrazione; il terrorismo e le altre minacce geopolitiche; più in generale l’ampliarsi della scala dimensionale dei problemi.
5. L’epicentro della crisi della sovranità sono, non a caso, gli Stati nazionali europei. Assai prima e più delle istituzioni europee. Anzi, il vero problema dei popoli e dei cittadini europei è la sfasatura tra la scala dimensionale dei problemi e l’assetto dei poteri sovrani e democratici. Emblematica la questione della spesa pubblica. Quella europea è la più grande del mondo, perché è la percentuale più alta del mondo del pil più grande del mondo. Ma il 98% di questa enorme quantità di ricchezza è gestito dagli Stati nazionali, ossia ad una scala dimensionale strutturalmente inadeguata a fornire risposte ai problemi primari dei popoli: difesa e sicurezza, crescita e occupazione. Negli Usa, la seconda spesa pubblica più grande del mondo è gestita per metà a livello federale. Insieme alla questione demografica, è questa sfasatura la principale ragione del populismo e del suo diffondersi in tutta Europa.
6. La dottrina Macron sulla sovranità è il mutamento di paradigma che può consentire all’Europa di superare lo stallo attuale. Se la sovranità appartiene ai cittadini e non più agli Stati, essa va esercitata sulla base del principio di sussidiarietà, ossia al livello ottimale rispetto alla scala dimensionale dei problemi. Gli Stati devono dunque mettere in comune la sovranità negli ambiti nei quali essi non sono in grado di dare risposte efficaci ai problemi. A cominciare da difesa e sicurezza e crescita e occupazione.
7. In Germania il riaffacciarsi della Große Koalition, magari allargata ai Verdi, lascia intravedere un rilancio dell’iniziativa europeista di Angela Merkel, in dialogo con Emmanuel Macron. Se alla Germania e alla Francia si affiancherà l’Italia, tutti gli altri non potranno che seguire. E perfino la Brexit potrebbe tornare in discussione.
8. L’Italia deve sedersi al tavolo del confronto con Germania e Francia. Per evidenti ragioni sia di interesse nazionale sia di interesse europeo. E questo deve diventare il focus principale della ormai prossima campagna elettorale. Naturalmente l’ambizione di sedersi a quel tavolo, come ricorda continuamente e giustamente Mario Draghi, impone le necessarie coerenze, in particolare nelle politiche di bilancio e nelle riforme strutturali.
9. Il PD non può collocarsi in una posizione ambigua. Deve rivendicare i meriti di una linea di governo che comincia con Monti, dopo il fallimento del centrodestra a causa in particolare della irriducibilità della Lega ad una politica seriamente europeista, e arriva fino a Gentiloni. Una linea politica che, in particolare nei mille giorni del governo Renzi, ha prodotto grandi risultati per il Paese e va riproposta e rilanciata, semmai con ancora più coraggio e determinazione, contro le follie populiste di chi propone il referendum sull’euro o la doppia moneta.