Signora Presidente, signori rappresentanti del Governo, colleghi senatori, nell'ascoltare questo ormai lungo dibattito sul DEF, tra quello che abbiamo fatto in Commissione e quello che abbiamo fatto in questa giornata d'Assemblea, mi è tornato alla mente quello che, a mio modo di vedere, è forse uno dei più bei libri dell'Odissea, il XII libro, nel quale si racconta dei due consigli che la maga Circe diede a Ulisse quando gli consentì di riprendere il viaggio verso Itaca, verso la terra promessa, la terra nella quale Ulisse voleva ritornare.
Il primo consiglio fu di stare attento alle sirene. Le sirene cantano un canto suadente e hanno un elenco di attributi affascinanti. Circe suggerisce a Ulisse di ascoltare quel canto, perché anche quello deve essere ascoltato (potremmo dire, traducendo in prosa, che anche il canto dei demagoghi, dei populisti deve essere ascoltato, perché ci dice qualcosa del Paese nel quale viviamo), ma di prendere le precauzioni del caso, di farsi legare con una corda robusta all'albero della nave; Ulisse deve ascoltare quel canto, ma guai se poi segue quella strada, perché quella via porta diritto sugli scogli, porta alla rovina della nave e alla morte sicura sua e degli uomini del suo equipaggio.
In queste lunghe riunioni, signora Presidente, abbiamo ascoltato il canto delle sirene, che criticano il Governo sui singoli punti, dicendo anche cose che possono essere fondate nei singoli aspetti; sostanzialmente criticano il Governo perché non stanzia, in modo sufficiente, più risorse per la scuola, per la sanità, per la previdenza, per la lotta alla povertà, per gli investimenti pubblici, per gli enti locali, per i dipendenti pubblici che devono rinnovare il loro contratto. Non basta mai; è suadente il canto delle sirene, perché dice che per la scuola dobbiamo fare molto di più, per la ricerca dobbiamo fare molto di più. Poi, quelle stesse sirene dicono che, però, bisogna anche abbassare la pressione fiscale. E ci mancherebbe altro; che ci accontentiamo di aumentare la spesa? Dobbiamo anche ridurre le entrate e ridurre la pressione fiscale. E naturalmente - perché altrimenti non sarebbero sirene - dobbiamo anche ridurre il deficit e abbattere il debito.
Tutto questo viene detto dalle stesse persone che, nella foga della loro esposizione, come le sirene, quando cantano non sono tenute alla logica, al rispetto del principio di non contraddizione; sono tenute a produrre un bel canto, che possa attrarre gli incauti naviganti.
Io preferisco - ce l'ho stampato nella mente - il discorso uguale e contrario che fece un mio grande predecessore, Beniamino Andreatta, nel 1989, ventotto anni fa, quando disse che per abbattere il debito c'è una sola strada: fare l'avanzo primario, in modo costante, per un certo numero di anni. E sappiate che produrre avanzo primario vuol dire una cosa molto semplice: che noi dovremmo destinare ai singoli settori meno risorse di quelle che destinano gli altri Paesi europei, perché loro sono tenuti a fare meno avanzo o addirittura possono fare un modesto disavanzo, perché non hanno tenuto le politiche irresponsabili che abbiamo tenuto noi negli anni passati.
Noi dobbiamo in qualche modo rimediare con questa politica dura, che comporta una noiosissima disciplina di bilancio. Ecco allora il secondo avvertimento - o consiglio - che Circe dà ad Ulisse: passato lo scoglio delle sirene, si sarebbe trovato di fronte ad una brutta strettoia, con Scilla da una parte e Cariddi dall'altra. Scilla rappresenta il rischio del fallimento del nostro debito, il rischio di default. Tutti hanno ricordato come probabilmente nel 2018 finirà il quantitative easing, e ciò accadrà anche grazie alle politiche accorte del Governo italiano, perché non dobbiamo dimenticare che questa non è una grazia che ci è venuta da lontano, ma è stata anche una conquista, frutto di una politica giusta condotta dal nostro Paese, che ha consentito a Mario Draghi di fare quella politica monetaria che non avrebbe potuto fare se non avesse potuto tranquillizzare i tedeschi dicendo loro che l'Italia si era messa su una strada di riscatto, di recupero, di riforme, di cambiamento e non avrebbe usato quei margini soltanto per aumentare la spesa, ma per rilanciare l'economia, in un percorso serio e rigoroso di risanamento. Questi effetti finiranno entro il 2018 e quindi Scilla ce l'abbiamo lì, con tutta la sua minaccia, con le sue sei teste che possono sbranarci, che magari rappresentano le sei teste delle varie agenzie di rating che abbassano la nostra credibilità, facendo riprendere lo spread, e se ciò accade finiamo di nuovo in una crisi finanziaria e sarebbe un incubo.
Non possiamo, però, neanche buttarci dall'altra parte, perché dall'altra parte c'è Cariddi, c'è il gorgo della recessione e noi non possiamo nemmeno perseguire una politica di risanamento che non tenga conto degli obiettivi di sostegno della crescita, perché se facciamo questo finiamo dall'altra parte, cioè nel gorgo della recessione e ci siamo già finiti nel corso della crisi, quando abbiamo perso 10 punti di prodotto interno lordo.
Il Governo allora sta conducendo la nave con la prudenza di Ulisse, evitando sia Scilla che Cariddi. Noi dobbiamo, per un verso, evitare il rischio della crisi del debito e per altro verso il rischio della recessione e ci stiamo riuscendo. Il ministro Morando prima ricordava come la tabella più importante in questo Documento di economia e finanza sia quella del tendenziale. Il tendenziale, validato dall'ufficio parlamentare del bilancio e da tutti gli altri interlocutori istituzionali, dalla Corte dei conti alla Banca d'Italia all'Istat, è finalmente una barca che sta seguendo una rotta molto stretta e molto difficile, ma che ha evitato sia Scilla che Cariddi, perché di anno in anno scende il deficit e sale la crescita. Stiamo cioè evitando la crisi del debito e stiamo evitando la recessione, anzi da qualche anno a questa parte, abbiamo di nuovo capovolto, via via consolidando questo risultato, la recessione in una crescita.
Certo noi tutti vorremmo che la nave passasse questa strettoia in modo più veloce, ma come si fa ad aumentare la velocità di questo transito attraverso lo Stretto di Messina? La nave di Ulisse aveva due motori: uno erano i remi e l'altro era la vela. I remi dobbiamo muoverli noi stessi per rendere più veloce la nostra barca e questi remi sono le riforme. Dobbiamo andare avanti sulla strada delle riforme in maniera significativa, per aumentare quella che gli economisti chiamano la crescita potenziale del nostro sistema. La produttività totale dei fattori aumenta facendo le riforme, cioè modernizzando il nostro sistema pubblico e privato attraverso le riforme del mercato e la riforma dello Stato in modo particolare.
Infatti, il tema è stato evidenziato in tutte le audizioni svoltesi in Commissione bilancio da tutti i nostri interlocutori. Mentre nell'industria la produttività è a livelli dignitosi, che ci rendono competitivi sui mercati internazionali, invece nel settore dei servizi siamo indietro; e in particolare nel settore dei servizi pubblici, dove dobbiamo compiere un salto di qualità.
Questi sono i remi. Dall'altro, c'è la vela. La vela vuol dire una politica europea che sia più attenta all'espansione, al tema della crescita economica e al tema dell'occupazione. Su questo punto, domenica è arrivata una prima notizia positiva dalla Francia, che speriamo venga confermata tra 15 giorni. Avremo presto un nuovo asse franco tedesco, che certamente si porrà questo tema.
E questo tema, ovviamente, metterà anche noi di fronte ad una scelta decisiva: vogliamo essere il gruppo di testa che costruisce la nuova Europa o vogliamo invece ritagliarci uno spazio di fuga solitaria? Questo è il tema politico che questo DEF in qualche modo apre e credo che sia il tema politico sul quale sarebbe interessante e sarebbe bello poterci confrontare in modo serio nei prossimi mesi.