Jul
16
2010
L'illusione della scorciatoia
Articolo pubblicato su Europa
 

Ieri il Senato ha votato la fiducia ad un Governo che sta perdendo la fiducia del paese. Intendiamoci: gli italiani sanno bene che la manovra è necessaria e anche urgente. Perché la crisi del 2008 ha reso il mondo un mare in tempesta, nel quale rischiano grosso perfino navi grandi come gli Stati Uniti d'America. Figurarsi il naviglio minore, come le singole economie nazionali europee.

In acque del genere, la condizione minima per stare a galla è avere i fondamentali a posto. E l'Italia ha invece due falle importanti nel suo scafo: a quasi quindici anni dall'epica rincorsa dell'euro, il debito pubblico è tornato al punto in cui lo aveva trovato Prodi, il 120 per cento; e accanto alla finanza pubblica, anche l'economia reale è in affanno, come dimostrano i dati disastrosi sul Pil, sulla produttività e sulla competitività del paese.

Il problema, per il Governo, è che gli italiani avvertono che la manovra (in sé, ripeto, necessaria e urgente) è più un ennesimo intervento di emergenza, che non l'avvio di una stagione di riforme, che affrontino con determinazione i due più gravi squilibri del paese: quello territoriale Nord-Sud e quello fiscale, che contrappone una spesa pubblica fuori controllo nella sua dinamica espansiva e in gran parte inefficiente e di bassa qualità sociale, ad un mondo produttivo al tempo stesso schiacciato da una pressione fiscale elevata, alla quale non corrispondono servizi adeguati, e attraversato da vaste aree di sommerso e di evasione, che a loro volta confinano con l'economia illegale, criminale, mafiosa. Per questo il paese, a differenza del Senato, non ha più fiducia nel Governo: perché troppo grande è la sproporzione tra la portata dell'intervento riformatore che va messo in campo e la qualità politica e morale della classe dirigente che Berlusconi ha radunato attorno a sé.

Il problema, stavolta per noi, è che alla crescente sfiducia del paese nei riguardi del Governo, non corrisponde una crescita di fiducia nei riguardi dell'opposizione in generale e del Partito democratico in particolare. Forse ciò accade anche perché sembriamo troppo impegnati ad almanaccare sul da farsi dopo la caduta di Berlusconi (al momento assai più auspicabile che prevedibile), per trovare il tempo per elaborare un programma ed organizzare una proposta di governo che siano all'altezza dei problemi del paese.

Anzi, il futile rincorrersi di ipotesi politiche e di formule di governo per il dopo-Berlusconi sembra produrre solo la sgradevole sensazione che noi per primi dubitiamo della forza delle nostre ragioni in una fisiologica competizione democratica, al punto da considerare possibile un nostro ritorno al governo del paese, solo attraverso la via della manovra politico-parlamentare. Una sensazione che viene ulteriormente rafforzata dall'auspicio (che si sente ripetere da più parti, dentro e attorno al Pd), che una nuova legge elettorale pienamente proporzionale stabilizzi la possibilità di fare e disfare i governi in Parlamento (ma poi nei fatti nei palazzi della politica) e non più dinanzi al corpo elettorale.

Non credo sia questa la via per conquistare la fiducia degli italiani nel Partito democratico e nella sua capacità di radunare attorno a sé le energie civili e sociali, intellettuali e morali, che servono ad una stagione di riforme finalizzate a far riprendere all'Italia la via smarrita della crescita, del risanamento, dello sviluppo.

Gli italiani si aspettano dal Pd un'opposizione chiara e propositiva e la costruzione di un'alternativa credibile. Si aspettano che il Pd non partecipi a nessun governo che non derivi la sua legittimazione da un chiaro mandato popolare. Che sostenga, nel caso emergenze internazionali impediscano un immediato ritorno al voto, solo soluzioni tecniche a durata limitata. E che promuova una modifica della legge elettorale che restituisca ai cittadini il potere di scegliersi, col collegio uninominale, il loro deputato e non che li privi del potere, che hanno i cittadini di tutte le grandi democrazie occidentali, di decidere chi li debba governare.

1 commenti all'articolo - torna indietro
inviato da vincenzo calì il 16 July 2010 22:29
Va bene il governo tecnico di breve durata, ma sbrigatevi perchè la casa brucia. Nel programma a breve collegi uninominali, soglia di sbarramento alla tedesca e primarie regolamentate per legge. Per il Senato delle Regioni, vera opzione federalista, ci sarà tempo a crisi economica superata. Siamo ancora,ed è bene che rimaniamo ancora per un poco,come diceva il Manzoni, opportunamente ripreso sulla finestra dei lettori di Repubblica da Augias, prima di tutto italiani.

(verrà moderato):

:

:

inizio pagina