Jan
08
2017
Forza territoriale federata al Pd
La mia intervista pubblicata sul "Corriere del Trentino"

Senatore, che fare dopo la batosta del referendum?

«In democrazia, quando il popolo ti boccia, bisogna riflettere e con il referendum è stato bocciato il lavoro di un’intera legislatura. Le parole d’ordine a questo punto sono riflessione e umiltà».

Al momento, si registrano due reazioni: la richiesta di processare i sostenitori del No e quella di allargare la segreteria alla minoranza.

«Mi paiono risposte inadeguate. Di tutto abbiamo bisogno, tranne che di polemiche interne. La gestione unitaria poi esiste già nei fatti. Il presidente del consiglio provinciale, i capigruppo in Provincia, Regione e Comune, la coordinatrice del Pd di Trento sono tutti esponenti della minoranza. Italo Gilmozzi sta facendo il segretario con impegno e umiltà. Non creiamo ulteriori problemi mettendo in discussione l’attuale assetto».

Senza una svolta, però, le prospettive non paiono rosee.

«Tutto in politica è reversibile, lo è stato il 40% alle europee, può esserlo il referendum. L’esempio che deve guidarci è quello di Milano, dove siamo andati bene sia alle amministrative, che al referendum. Con Expo, si è data l’idea di una prospettiva in una città in passato a noi ostile».

A livello locale, però, al momento l’unica prospettiva è quella di un’apertura alle civiche che sa di resa e che potrebbe essere il primo passo verso la marginalizzazione del Pd.

«L’umile riflessione che suggerisco si sviluppa su due piani. Il primo di contenuto. Dobbiamo essere fieri di come il Trentino è stato amministrato in questi anni. Sapere, per esempio che se la pubblica amministrazione italia fosse come quella trentina guadagneremmo subito un 3% di pil non è da poco. Dobbiamo però anche essere sinceri, sederci intorno a un tavolo non solo metaforico e chiederci: cosa ha consentito all’Alto Adige, negli ultimi anni, di farci mangiare la polvere? Perché il turismo, l’agricoltura, l’industria vanno meglio a Bolzano? Non dobbiamo lasciare questo tema all’opposizione».

C’è poi il tema delle alleanze.

«Esatto. Il centrosinistra autonomista va difeso perché non è solo una somma di partiti. “Centro” vuol dire responsabilità di governo, “sinistra” riforme dalla parte di chi sta peggio, “autonomista” significa stare nell’alveo della storia del Trentino e ritenere che l’autogoverno sia meglio del centralismo. Tutte le forze della coalizione condividono questi valori».

E il civismo?

«Col civismo dobbiamo confrontarci per non cadere nell’elitarismo, un errore tipico della sinistra. La sconfitta clamorosa di Rovereto e le due di Pergine non possono non far riflettere il partito della coalizione che più degli altri è forte nelle aree urbane. Per di più, mi pare che sia Valduga sia Oss Emer siano due democratici, non mi sembrano fare riferimento né a Trump né a Le Pen. I loro risultati ci dicono che esiste una quarta gamba rappresentata da cittadini che chiedono partecipazione dal basso. Dobbiamo aprire un confronto, il che non significa porre paletti preventivi, ma nemmeno concludere frettolose alleanze. Credo si possa rilanciare l’idea di una forza politica territoriale federata con il Pd nazionale. Penso all’Upt, ma anche a un dialogo con le civiche. Valduga, ad esempio, mi è parso preoccupato di un’interlocuzione nazionale».

Il Patt no?

«Penso un po’ meno al Patt per rispetto nei confronti del suo storico legame con la Svp».

È la fine della vocazione maggioritaria?

«Assolutamente no. La vocazione maggioritaria non è mai stata autosufficienza, ma la scelta di formulare una proposta politica che possa essere scelta dalla maggioranza degli elettori. È un modo di far politica, non una percentuale».

Lei parla di una richiesta di partecipazione dal basso, ma non potrebbe essere il Pd lo strumento? Non è che allontanate la partecipazione occupandovi di segreterie e non, solo per fare un esempio, della riforma più importante per il Trentino, quella della Cooperazione?

«Difficile non condividere. Si tratta di trovare un equilibrio tra il collateralismo del passato, quando la riforma l’avrebbe decisa la segreteria della Dc, e l’ignorare questo come altri temi».

Un’ultima domanda: lei è sicuro che non sarà candidato alle prossime politiche?

«Lo confermo».

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