Lucia Annunziata ha scritto sull’Huffingtonpost che voterà No. E onestamente nessuno si è meravigliato: si era capito da tempo quale fosse il suo pensiero. Ha invece colpito, almeno me, il ragionamento col quale Annunziata ha motivato la sua opzione: la riforma sarebbe inficiata da una sorta di peccato originale, quello di non essere stata proposta da un governo legittimato da un chiaro mandato elettorale. Del resto, osserva Annunziata, è dalla caduta di Berlusconi nel 2011 che l’Italia vive una condizione di sospensione della fisiologia democratica, non avendo più conosciuto un governo figlio di una elezione popolare. “Di sicuro – conclude Annunziata – si può dire che far fare una riforma costituzionale a un premier eletto avrebbe assicurato un percorso di scrittura della riforma più trasparente, più corretto, e sicuramente più solido”. Il problema che Annunziata sembra non vedere è che se avessimo potuto avere quello che lei chiama, un po’ sbrigativamente, “un premier eletto”, non ci sarebbe stato bisogno di nessuna riforma. Se ci si è dovuti imbarcare nell’impresa della riforma costituzionale ed elettorale, prima con Letta e poi con Renzi, è proprio perché l’attuale sistema non è in grado, per ragioni strutturali e non occasionali, di produrre governi legittimati dal voto degli elettori. Il bicameralismo paritario e una legge elettorale (al Senato) di fatto proporzionale, insieme ad un sistema politico che è diventato almeno tripolare, non possono infatti produrre nessun premier eletto. Gli unici governi possibili, in questo sistema politico-istituzionale, sono quelli generati in Parlamento da un qualche, fragile e precario accordo tra forze politiche. La riforma oggetto del referendum di domenica punta a rimuovere questo impedimento strutturale, mediante la previsione del famigerato “combinato disposto” del superamento del bicameralismo paritario, con la limitazione del potere di fiducia alla sola Camera, e di una legge elettorale maggioritaria (che sia l’Italicum o un’altra qui poco importa). Votare No a questa riforma vuol dire decidere che anche la prossima legislatura debba nascere senza un “premier eletto”, che invece avremmo se vincesse il Sì. Dunque Lucia Annunziata si è infilata in una sorta di “comma 22”: voterà No perché la riforma non è stata proposta da un premier eletto, ma votando No rende impossibile l’investitura popolare del governo, anche nella prossima legislatura.