Aug
10
2015
Famiglia e scuola decisive per l'eguaglianza delle opportunitą
Il mio commento per L'Unitą su un celebre saggio di Norberto Bobbio

La proverbiale chiarezza didattica di Norberto Bobbio raggiunge in questo scritto del 1995 il suo livello più alto: non a caso, si tratta della ripubblicazione, quasi anastatica, di due voci scritte nel 1977 e nel 1978 per l’Enciclopedia del Novecento. All’Enciclopedia si ricorre quando si cerca una definizione, un chiarimento, un approfondimento, magari su un dettaglio. Eguaglianza e libertà va dunque letto così: come un tentativo di inquadrare, in modo il più possibile completo e al tempo stesso sintetico, una delle questioni cruciali del pensiero e della lotta politica, quella segnata dalla dialettica tra due principi parimenti imprescindibili per la democrazia, che è appunto, per Bobbio, l’unico sistema che cerca, senza peraltro mai riuscirci compiutamente, di armonizzare entrambi questi valori.

Una delle vie maestre, spesso esplorate, per cercare l’incontro tra libertà e uguaglianza, è quella di promuovere l’eguaglianza delle opportunità. A questo tema, Bobbio dedica il paragrafo 9 del capitolo sull’eguaglianza. Nulla di particolarmente nuovo, dice Bobbio: “non è altro che l’applicazione della regola di giustizia a una situazione in cui vi siano più persone in competizione tra loro per il raggiungimento di un obiettivo”. E tuttavia, ciò che fa di questo principio “un principio innovatore negli Stati socialmente ed economicamente avanzati è il fatto che esso sia stato enormemente esteso per effetto del prevalere di una concezione conflittualistica globale della società, per cui tutta intera la vita sociale viene considerata un’immensa gara per il conseguimento di beni scarsi”. A questo punto, arriva la definizione, di quelle da imparare a memoria: “il principio dell’eguaglianza delle opportunità elevato a principio generale mira a mettere tutti i membri di quella determinata società nella condizione di partecipare alla gara della vita, o per la conquista di ciò che è vitalmente più significativo, partendo da posizioni eguali”. Già, ma quali sono queste posizioni di partenza eguali? Bobbio se lo domanda e la domanda resta aperta, anche se non priva di un’almeno implicita risposta: “è sufficiente il libero accesso a scuole uguali? Ma quali scuole, di quale grado, sino a quale anno di età? Poiché alla scuola si accede dalla vita familiare, non sarà necessario eguagliare anche le condizioni di famiglia in cui ciascuno si trova a vivere fin dalla nascita?” La scuola e prima ancora la famiglia sono dunque, per Bobbio, le condizioni di possibilità di una effettiva eguaglianza delle opportunità.

L’attualità di questa riflessione del grande filosofo torinese è impressionante, se solo si considera il dibattito attuale, in Europa e ancor più negli Stati Uniti, dopo la grande crisi degli anni scorsi. Basti citare “Our Kids. The American Dream in Crisis”, l’ultima fatica di Robert Putnam. Putnam prende le mosse dal dato inoppugnabile della enorme crescita delle diseguaglianze negli Stati Uniti, che subito prima della crisi erano tornate ai livelli di inizio secolo, cioè allo stadio precedente la loro “grande compressione”, ad opera delle politiche rooseveltiane, risultate egemoni dal New Deal fino agli anni ’70 del secolo scorso. “La discussione contemporanea sulla diseguaglianza in America - scrive Putnam - spesso confonde due questioni, tra loro correlate, ma distinte: l’eguaglianza di reddito e ricchezza... e l’eguaglianza delle opportunità e di mobilità sociale”. La questione decisiva, secondo Putnam, è la seconda, assai più della prima. E può essere riassunta in questa domanda: “i giovani con alle spalle differenti background sociali ed economici hanno grosso modo le stesse chance nella vita e questo dato è cambiato negli ultimi decenni?”. La risposta del grande studioso della società e della democrazia americana è impietosa: “esaminando i cerchi concentrici che influiscono sulla crescita dei giovani - famiglie, scuole, comunità - si osserva come negli ultimi decenni le sfide e le opportunità per i bambini ricchi e per quelli poveri sono evoluti in modo sempre più dispari”.

L’influenza nefasta della diseguaglianza nella scuola è ovviamente decisiva e per certi versi scontata (anche se, come dimostra la discussione sulla Buona Scuola, tutta concentrata sui diritti degli insegnanti, anziché su quelli dei ragazzi, a cominciare dai più deboli, quelli che la scuola perde, per dirla con don Lorenzo Milani, di scontato anche in questo campo non c’è nulla...). Ma il dato più impressionante, e questo certamente ostico, è la centralità della famiglia. Quasi riprendesse la domanda di Bobbio, Putnam pone tra le principali concause della grande divergenza di opportunità tra bambini ricchi e poveri la diversa evoluzione della famiglia tradizionale nelle due grandi classi sociali. Tra gli americani più ricchi e istruiti, la famiglia ha conosciuto una evoluzione (per esempio nel senso della parità tra i sessi) che non ne ha messo in discussione la stabilità. Al contrario, tra i più poveri e meno istruiti la famiglia è collassata, col risultato che la maggioranza dei bambini poveri ha alle spalle una condizione familiare segnata da precarietà, fragilità, conflittualità, con gli effetti gravemente negativi che questo comporta in termini di successo scolastico e dunque di effettiva eguaglianza delle opportunità.

Applicare al nostro contesto sociale descrizioni e prescrizioni derivate da quello americano sarebbe un’operazione superficiale ed impropria. Resta il fatto che politiche a sostegno della stabilità della famiglia, che ne accompagnino, beninteso, la evoluzione culturale, sono uno dei fattori decisivi di una politica a favore dell’eguaglianza delle opportunità, cioè di una politica socialmente progressista, in definitiva di una politica “di sinistra”. Sarebbe ora e tempo di trarre da questa evidenza analitica le necessarie conseguenze operative.

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