Jul
01
2015
Cosa ci deve essere nel patto Renzi-Merkel per rendere l'Europa pił sexy
Pubblicato su "Il Foglio"

Al direttore - L'immagine è abusata, ma non ce n'è una migliore. L'Europa è in mez­zo al guado, sta correndo pericoli seri e so­lo uno sforzo comune, innanzi tutto di Ger­mania e Italia, di Angela Merkel e di Mat­teo Renzi, può portarla in sicurezza sull'al­tra riva. In mezzo al guado non si può re­stare a lungo. Perché in quel punto il fiume è più profondo e la corrente è più forte. Si beve, si può essere trascinati via, si rischia di annegare. Dunque, bisogna fare presto e decidersi ad avanzare fino a raggiungere la riva, indicando a chi segue il punto preci­so al quale si pensa di approdare. In caso contrario, la paura di annegare e la voglia di tornare indietro rischiano di diventare invincibili. I ventotto paesi membri dell'U­nione europea - e in particolare i dicianno­ve dell'Unione monetaria - sono nel pieno di una transizione, che si va facendo inso­stenibile, tra un "non più" e un "non anco­ra". Sul piano geopolitico, le nazioni euro­pee non sono più grandi potenze, non lo so­no più nemmeno Gran Bretagna e Francia, nonostante il loro diritto di veto all'Onu e lo status di potenza nucleare, come dimo­stra la loro sostanziale irrilevanza rispetto a qualunque dossier di politica internazio­nale, dalla Russia alla Libia, con crisi mi­gratoria al seguito; d'altra parte, l'Europa non è ancora una grande potenza e rischia di non esserlo a lungo, se solo si considera la frustrante lentezza con la quale procede, se procede, la costruzione di una politica di sicurezza e difesa comuni.

Sul piano economico, il vuoto è ancora più imbarazzante: i diciannove cavalieri dell'euro non hanno più la sovranità sulla loro moneta, ma nessuno ancora ha rileva­to la sovranità sull'euro; col risultato che la devoluzione della sovranità monetaria si è tradotta in una relativa stabilità, ma del tut­to privata della crescita. Anche gli Stati Uniti hanno il loro "fiscal compact" e se gli stati si indebitano in modo insostenibile vanno in default e nessuno si sogna, in quel caso, di sottoporre a referendum la richie­sta che siano gli altri stati a far fronte ai de­biti e magari se si debba o no uscire dal dol­laro. Ma gli Stati Uniti hanno la Fed come prestatore di ultima istanza e soprattutto il Tesoro, che emette titoli di debito pubblico grazie ai quali finanzia giganteschi pro­grammi di investimenti pubblici, in partico­lare nelle tecnologie duali, al confine tra militare e civile. Dunque, gli stati possono fallire, ma è Washington il motore della cre­scita americana. In Europa, grazie alla de­terminazione di Mario Draghi e alle politi­che convergenti della Germania e dell'Ita­lia che glielo hanno consentito, abbiamo, fi­nalmente, una Banca centrale, quasi come la Fed. Ma il piano Juncker è ancora lonta­no anni luce dalla forza d'urto del Tesoro americano. Risultato: in Europa, i governi statali dovrebbero riuscire ad eccellere nell'arte impossibile di succhiare e fischia­re al tempo stesso, abbattere deficit e debi­to per non fallire e sostenere massicci pro grammi di investimenti per la crescita Im possibile, appunto. Quindi, niente più inde­bitamento keynesiano da parte degli stati nazionali, ma non ancora indebitamento keynesiano federale europeo Col risultato che i popoli soffrono, non capiscono e co «linciano a rimpiangere la riva vecchia, a premere perché si torni indietro.

Sul piano democratico, peraltro, gli sta­ti nazionali non dispongono ormai più del­la sovranità che li aveva resi tali, avendo­ne ceduto una quota cospicua, in partico­lare i membri dell'Eurogruppo, all'Unione europea; ma una sovranità europea non esiste ancora e tanto meno esiste un gover­no europeo legittimato sul piano democra­tico, se non per quell'embrione di investitura rappresentato dalla competizione tra Juncker e Schultz alle ultime elezioni euro­pee. Il risultato è che la democrazia in Eu­ropa sta perdendo l'oggetto della sua cura: se la democrazia deve legittimare, attraver­so il voto popolare, il potere reale, si può dire che oggi in Europa non basta più la le­gittimazione democratica dei governi stata­li, perché questi hanno perso una parte si-gnifieatna della loro sovranità, ma non si vede ancora una sovranità federale e dun­que, tanto meno, una sua democratica legit­timazione.

Dinanzi alle tre crisi europee, geopoliti­ca. economica e democratica, serve una mossa del cavallo, da parte dei due leader europeisti ancora legittimati a proporla e a farla, prima che la corrente del fiume tra­volga anche loro. Propongano all'Eurogrup-po di trasformarsi in una vera federazione politica, dotata di un \ero governo federa­le legittimato in modo diretto dal voto dei cittadini; e dotato di entrambe le braccia che resero ''big'' il "government" Usa, al­l'indomani della grande depressione: la ca­pacità fiscale, a cominciare dalla possibi­lità di emettere 'project bond", titoli di de­bito a sostegno di un grande programma di investimenti e la difesa comune, un moder­no strumento militare che faccia dell'Euro­pa davvero la seconda gamba della Nato. Il tempo dei piccoli passi è finito. Solo ripro­ponendo una visione ambiziosa gli europei­sti potranno sconfiggere quell'idra eurofo-bica dalle tante teste, che sta dipingendo di nero il futuro del vecchio continente.

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