Jul
13
2014
I veri pregi del nuovo Senato
Articolo pubblicato su "Trentino"

Caro direttore, c'è chi accusa la collega senatrice Anna Finocchiaro (la let­tera firmata da Enrico Salvetti pubblicata venerdì 11 luglio) e, con lei, tutti i senatori del Pd, di essere incoerenti con le batta­glie moralizzatrici degli armi passati, per aver accettato, do­po l'accordo del Nazareno tra Renzi e Berlusconi, il ripristino dell'autorizzazione a procedere per i senatori. Se le cose stesse­ro così, chi vi scrive lettere avrebbe ragione ad avercela con noi.

Ma le cose non stanno così e penso sia doveroso dame conto ai lettori del suo giornale, anche per evitare che siano indotti a dare un giudizio negativo di una riforma, come quella del Senato e dei rapporti Stato-au­tonomie, attualmente in discus­sione a Palazzo Madama. Quel­la è invece un'ottima riforma. La cosiddetta "autorizzazione a procedere", prevista dalla Costi­tuzione del 1948 (un testo che è e resta splendido, ma sempre perfettibile come ogni opera umana) vietava alla magistratu­ra di indagare sui parlamentari senza il permesso della Camera o del Senato. Questa norma si è prestata a innumerevoli abusi ed è stata radicalmente riforma­ta nel 1992, abolendo l'autoriz­zazione a procedere. Da allora, i parlamentari possono essere in­dagati e processati dalla magi­stratura, come tutti i cittadini, per tutti i reati, salvo che per le opinioni e i voti espressi in Par­lamento (la cosiddetta "insinda­cabilità"). Diversamente dagli altri cittadini, i parlamentari non possono invece essere arre­stati, intercettati o perquisiti, senza l'autorizzazione della ca­mera di appartenenza. L'auto­rizzazione all'arresto non serve in caso di flagranza di reato o di condanna definitiva. Noi parla­mentari del Pd, in questi anni, abbiamo sempre votalo a favo­re degli arresti dei parlamentari inquisiti dalla magistratura, an­che quando si è trattato di no­stri compagni di partito: a me è capitato di votare a favore dell' arresto di Luigi Lusi; ai deputa­ti, solo poche settimane fa, di quello di Francantonio Genove­se. Per votare contro l'arresto (questo è lo spirito garantista della norma costituzionale) si deve infatti dimostrare l'esi­stenza del cosiddetto "fumus persecutionis", ossia ci deve es­sere il fondalo sospetto che la magistratura stia perseguitan­do il deputato o il senatore per ragioni politiche e non giudizia­rie. E non era ceno questo il ca­so dei due colleghi citati. Que­ste due immunità (insindacabi­lità e tutela dalla privazione del­la libertà) sono la regola dei par­lamenti europei. Ciò non toglie che sia possibile e anche neces­sario ripensarle, in particolare la seconda. Da molto tempo so­no convinto che l'autorizzazio­ne all'arresto di un parlamenta­re debba essere valutata non dalla Camera di appartenenza, che finisce sempre per esprime­re un giudizio inevitabilmente politico, ma da un organismo giudiziario collocato presso la Corte costituzionale. Proprio con la collega Finocchiaro ed al­tri senatori democratici aveva­mo presentato un disegno di legge costituzionale in questo senso nella scorsa legislatura. Di cosa si è discusso e cosa si sta decidendo in Senato, in questi giorni, su questa delicata mate­ria? Si sta discutendo e deciden­do, non se ripristinare la vecchia autorizzazione a procede­re (nessuno lo ha proposto, tan­to meno i senatori del Pd), ma se mantenere o meno, oltre all' insindacabilità (su cui siamo tutti d'accordo), anche l'immu­nità dall'arresto e dalle altre pri­vazioni della libertà (nei termi­ni sopra spiegati) per i membri del nuovo Senato, che saranno tutti (tranne i cinque nominati per sette anni dal Presidente della Repubblica) amministra­tori regionali (74) o sindaci (21). Il testo proposto dal governo guidato dal presidente Renzi to­glieva l'immunità ai nuovi sena­tori, lasciando loro solo l'insin­dacabilità, diversificando così lo status dei senatori da quello dei deputati e parificandolo a quello dei consiglieri regionali. La commissione Affari costitu­zionali, presieduta dalla collega Finocchiaro, ha invece deciso che i nuovi senatori debbano avere lo stesso status dei depu­tati. Ora toccheràali'Aula del Se­nato pronunciarsi, poi sarà il turno della Camera. Personal­mente sono più d'accordo col governo che con la commissio­ne. Penso che differenziale tra consiglieri regionali con l'im­munità (in quanto anche sena­tori) e consiglieri regionali sen­za immunità, può farci correre il pericolo che qua è là si decida di mandare a Palazzo Madama, non i consiglieri regionali mi­gliori, ma quelli peggiori, a ri­schio di arresto. Penso quindi che, su questo punto, sarebbe meglio ripristinare il testo del governo. In ogni caso, come è evidente, il patto del Nazareno non c'entra niente, come non c'entra niente il ripristino dell' autorizzazione a procedere. Né la presunta incoerenza dei se­natori del Pd.

Senatore eletto

nel collegio della Valsugana

vicepresidente del gruppo Pd

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