Caro direttore, c'è chi accusa la collega senatrice Anna Finocchiaro (la lettera firmata da Enrico Salvetti pubblicata venerdì 11 luglio) e, con lei, tutti i senatori del Pd, di essere incoerenti con le battaglie moralizzatrici degli armi passati, per aver accettato, dopo l'accordo del Nazareno tra Renzi e Berlusconi, il ripristino dell'autorizzazione a procedere per i senatori. Se le cose stessero così, chi vi scrive lettere avrebbe ragione ad avercela con noi.
Ma le cose non stanno così e penso sia doveroso dame conto ai lettori del suo giornale, anche per evitare che siano indotti a dare un giudizio negativo di una riforma, come quella del Senato e dei rapporti Stato-autonomie, attualmente in discussione a Palazzo Madama. Quella è invece un'ottima riforma. La cosiddetta "autorizzazione a procedere", prevista dalla Costituzione del 1948 (un testo che è e resta splendido, ma sempre perfettibile come ogni opera umana) vietava alla magistratura di indagare sui parlamentari senza il permesso della Camera o del Senato. Questa norma si è prestata a innumerevoli abusi ed è stata radicalmente riformata nel 1992, abolendo l'autorizzazione a procedere. Da allora, i parlamentari possono essere indagati e processati dalla magistratura, come tutti i cittadini, per tutti i reati, salvo che per le opinioni e i voti espressi in Parlamento (la cosiddetta "insindacabilità"). Diversamente dagli altri cittadini, i parlamentari non possono invece essere arrestati, intercettati o perquisiti, senza l'autorizzazione della camera di appartenenza. L'autorizzazione all'arresto non serve in caso di flagranza di reato o di condanna definitiva. Noi parlamentari del Pd, in questi anni, abbiamo sempre votalo a favore degli arresti dei parlamentari inquisiti dalla magistratura, anche quando si è trattato di nostri compagni di partito: a me è capitato di votare a favore dell' arresto di Luigi Lusi; ai deputati, solo poche settimane fa, di quello di Francantonio Genovese. Per votare contro l'arresto (questo è lo spirito garantista della norma costituzionale) si deve infatti dimostrare l'esistenza del cosiddetto "fumus persecutionis", ossia ci deve essere il fondalo sospetto che la magistratura stia perseguitando il deputato o il senatore per ragioni politiche e non giudiziarie. E non era ceno questo il caso dei due colleghi citati. Queste due immunità (insindacabilità e tutela dalla privazione della libertà) sono la regola dei parlamenti europei. Ciò non toglie che sia possibile e anche necessario ripensarle, in particolare la seconda. Da molto tempo sono convinto che l'autorizzazione all'arresto di un parlamentare debba essere valutata non dalla Camera di appartenenza, che finisce sempre per esprimere un giudizio inevitabilmente politico, ma da un organismo giudiziario collocato presso la Corte costituzionale. Proprio con la collega Finocchiaro ed altri senatori democratici avevamo presentato un disegno di legge costituzionale in questo senso nella scorsa legislatura. Di cosa si è discusso e cosa si sta decidendo in Senato, in questi giorni, su questa delicata materia? Si sta discutendo e decidendo, non se ripristinare la vecchia autorizzazione a procedere (nessuno lo ha proposto, tanto meno i senatori del Pd), ma se mantenere o meno, oltre all' insindacabilità (su cui siamo tutti d'accordo), anche l'immunità dall'arresto e dalle altre privazioni della libertà (nei termini sopra spiegati) per i membri del nuovo Senato, che saranno tutti (tranne i cinque nominati per sette anni dal Presidente della Repubblica) amministratori regionali (74) o sindaci (21). Il testo proposto dal governo guidato dal presidente Renzi toglieva l'immunità ai nuovi senatori, lasciando loro solo l'insindacabilità, diversificando così lo status dei senatori da quello dei deputati e parificandolo a quello dei consiglieri regionali. La commissione Affari costituzionali, presieduta dalla collega Finocchiaro, ha invece deciso che i nuovi senatori debbano avere lo stesso status dei deputati. Ora toccheràali'Aula del Senato pronunciarsi, poi sarà il turno della Camera. Personalmente sono più d'accordo col governo che con la commissione. Penso che differenziale tra consiglieri regionali con l'immunità (in quanto anche senatori) e consiglieri regionali senza immunità, può farci correre il pericolo che qua è là si decida di mandare a Palazzo Madama, non i consiglieri regionali migliori, ma quelli peggiori, a rischio di arresto. Penso quindi che, su questo punto, sarebbe meglio ripristinare il testo del governo. In ogni caso, come è evidente, il patto del Nazareno non c'entra niente, come non c'entra niente il ripristino dell' autorizzazione a procedere. Né la presunta incoerenza dei senatori del Pd.
Senatore eletto
nel collegio della Valsugana
vicepresidente del gruppo Pd
Í1RIPR0DJZI0NERISERVATA