Jun
14
2014
Renzi ha vinto una battaglia La guerra sono le riforme
La mia recenzione del libro di Salvatore Vassallo pubblicata su "L'Unità"

Il 25 maggio scorso, il leader del Pd I e premier del governo del Paese, I per la prima volta (nel campo del centrosinistra) unificati nella persona di Matteo Renzi, ha stravinto le elezio­ni, sbaragliando sui campo sia Grillo che Berlusconi. Insieme a un giovane leader, al suo partito e al suo governo, ha vinto un'idea della crisi italiana e della strategia per venirne fuori: Renzi ha convinto una larga maggioranza re­lativa degli elettori che una riforma co­raggiosa e radicale del Parlamento e dei partiti è ancora possibile e dunque è ancora possibile salvare e anzi rilanciare la nostra democrazia parlamenta­re.

Renzi ha vinto una battaglia, impor­tante, forse decisiva, ma non ancora la guerra. Se le riforme che ha pro­messo al Paese e con le quali ha con­quistato la fiducia di uno storico 40,8 per cento, dovessero impantanarsi, lo sguardo degli italiani tornerebbe a ri­volgersi verso Grillo e Berlusconi. Non necessariamente verso le loro persone o anche le loro forze politi­che attuali, ma certo verso le loro nar­razioni del Paese, così diverse e sotto molti profili alternative a quella di Renzi: la tesi disperata della non rifor-mabilità della politica, che tra asten­sioni e voto grillino mantiene una presa impressionante sulla società italia­na; o la proposta berlusconiana, per la quale solo una torsione di tipo presi-denzialista può mettere la governabili­tà al riparo dalla crisi irreversibile del Parlamento e dei partiti.

Sta in questa sfida a tre il senso del passaggio storico che la politica italia­na sta attraversando. Un passaggio descritto, con grande passione civile e ri­gore intellettuale, da Salvatore Vassal­lo, nel suo ultimo lavoro: Liberiamo la politica. Prima che sia troppo tardi, diçve-na pubblicato dal Mulino. Centottanta pagine che si leggono d'un fiato, come quelle di un pamphlet nitidamente schierato e lucidamente polemico, ma che poi si tengono a portata di mano, comunque la si pensi sulle tesi politi­che dell'autore, tanto prezioso è il cor­redo informativo di dati, ricostruzioni storiche, comparazioni internazionali, proposte rifonnatrici.

C'è tutto VassaHo nella duplice virtù del suo nuovo libro. Formatosi alla scuola esigente della Fuci, di cui è sta­to dirigente nazionale negli anni 80, e insieme alla grande scuola politologi­ca dell'Università di Bologna, Vassallo ha sempre accompagnato, a un'inten­sa attività di ricerca empirica e a una produzione scientifica di eccellenza, un quotidiano impegno civile e demo­cratico: dagli anni del movimento refe­rendario di Segni e Parisi, fino a quan­do, nel 2006, Romano Prodi gli chiese di tenere la relazione sulla fisionomia del nuovo Partito democratico, allo sto­rico convegno fondativo di Orvieto, e poi Walter Veltroni, primo segretario del Pd, nel 2007 lo incaricò di coordi­nare la redazione dello statuto del nuo­vo partito. Quel lavoro gli è valso l'epi­teto di Dottor Stranamore, affibbiatogli da Franco Marini, polemico contro il partito «di iscritti e di elettori», basato sulle primarie, o meglio, come direbbe Vassallo, sulla «contendibilità» delle cariche dirigenti, a tutti i livelli. Prima­rie e contendibilità hanno riservato al Pd fatiche e stress, ma gli hanno in defi­nitiva consentito di proporsi al Paese come strumento di cambiamento. Sen­za primarie, senza quel partito nuovo fortemente voluto da Prodi e Veltroni e «ingegnerizzato» da Vassallo, un giovanissimo presidente della provincia di Firenze non avrebbe mai potuto can­didarsi a sindaco della sua città. E tan­to meno muovere da Palazzo Vecchio a Palazzo Chigi.

Del resto, gli esiti disastrosi, sul pia­no elettorale e politico, ai quali ha con­dotto la linea conservatrice sul piano istituzionale e restauratrice su quello del modello di partito, seguita dal Pd nel corso della XVI legislatura, la «XVI occasione perduta» per le riforme la definisce Vassallo, che in quegli anni è stato deputato del Pd, sono lì a dimo­strare come la rinuncia a «liberare la politica» non può condurre che al dif­fondersi della voglia di «liberarsi dalla politica democratica».

La vittoria di Renzi aHe primarie e il rilancio da parte del nuovo leader dei principi fondamentali del progetto ori­ginario del Pd (dalla vocazione maggio­ritaria alla coincidenza di leader e pre­mier) hanno segnato una controffensi­va democratica potenzialmente vin­cente. Vassallo condivide appieno l'agenda Renzi, a cominciare dalla cru-cialità della riforma del bicameralismo e del superamento del Senato elettivo, in favore di una camera di raccordo col sistema delle autonomie, come del re­sto proponevano le tesi originarie dell'Ulivo, nel 1995. «La proposta avan­zata dal Governo Renzi - scrive Vassal­lo - contiene, finalmente, coraggiose verità, dopo tante ipocrisie, sul nostro eccentrico bicameralismo. I punti di­scriminanti su cui è stata impostata (se­natori non elettivi e senza indennità) sono sacrosanti, non solo perché parla­no al senso comune e alla pancia degli elettori riguardo ai costi della politica, ma perché definiscono correttamente la natura che il nuovo Senato deve as­sumere se si vuole snellire davvero e dare più forza al Parlamento».

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