May
27
2014
Il Pd ora è il partito del Paese
La mia intervista pubblicata su "Italia Oggi"

«Quando abbiamo dato vita al Pd, citavamo spesso una frase di Nino Andreatta, che parlando della De diceva: è il partito del paese. Ecco, noi volevamo fare un Pd che fosse il partito del paese. Walter Veltro­ni ci ha provato, Pierluigi Bersa­ni non ci ha mai creduto molto. Ci è riuscito Renzi». Giorgio Tonini, vicepresidente dei senatori pd, non nasconde commozione e orgoglio per una vittoria «che non è retorico definire storica. Il Pd è il primo partito in Italia, ed è il pri­mo partito di centrosinistra in Europa. È con il Pd che ora Ange­la Merkel dovrà confrontarsi per un nuovo accordo sullo stare insieme in Europa» quando abbiamo dato vita al Pd, citavamo spesso 'una frase di Nino An-idreatta, che parlando liceva: è il partito del pa-' se. Ecco, noi volevamo fare un Pd che fosse il partito del paese. Walter Veltroni ci ha provato, Pierluigi Bersani non ci ha mai creduto molto. Ci è riuscito Renzi». Giorgio Tonini, vicepresidente dei senatori pd, non nasconde commozione ed orgoglio per una vittoria «che non è retorico definire storica. Il Pd è il primo par­tito in Italia, ed è il primo partito di centrosinistra in Europa. É con il Pd che ora Angela Merkel dovrà con­frontarsi per un nuovo accordo sullo stare insieme in Europa».

Domanda. Si aspettava questo tsunami?

Risposta. Ho sempre ritenuto realistico che il partito democrati­co arrivasse primo, sopra al 30%. Il risultato del 40% va al di là di ogni aspettativa.

 

D. É la vittoria del Pd, di Renzi o della paura di Grillo?

R. É la vittoria del paese che vuole il cambiamento.

 

D. É giusto dire che il Pd al 40% è l'erede della De?

R. Dal punto di vista dell'identità no. L'epoca è completarne! ' e diver­sa, i partiti sono diversi. Però,questo Pd vuole assolvere a quella funzione di civilizzazione del paese, come mai appropriata oggi se si pensano alle alternative che erano in campo. Cam­biamento nell'unità.

 

D. Enrico Letta aveva le carte per arrivare a questo risultato?

R, Sarebbe ingiusto personalizza­re, diciamo che l'azzardo di Renzi si è rivelato giusto. Il governo Letta era nato sulla base di un accordo diffi­cile con Silvio Berlusconi sia sul versante delle riforme che dell'eco­nomia, e si è trovato impantanato su entrambi i versanti con l'uscita di Berlusconi dal tavolo delle riforme, á seguito della sua decadenza dal sena­to, e sul terreno dell'economia, perché quell'alleanza fu costretta, sbaglian­do, ad assumere come priorità il ta­glio dell'Imu. Renzi ha capito che per uscire dallo stallo c'era bisogno di uno stacco, con un passaggio che poteva essere impopolare, ma un leader sa anche assumersi dei rischi.

 

D. Anche Renzi è venuto a patti con il Cavaliere.

R. Renzi ha fatto un accordo con Berlusconi più circoscritto e chiaro: niente più commissione redigente per le riforme, solo sulle procedu­re il governo Letta aveva perso un anno. Renzi è andato al merito, leg­ge elettorale e titolo V. Sul versante dell'economia ha messo il governo sul binario giusto con la riduzione della tassazione su imprese e lavoro. Il ri­sultato elettorale premia il coraggio di Renzi. L'incontro con il Cav è stato un passaggio non facile. Alla fine lo hanno capito non solo nel Pd, ma nel paese.

 

D. Ora non c'è il rischio che i partiti in affanno di consenso, da Fi a Scelta civica, possono tirarsi fuori?

R. In parlamento i numeri non sono cambiati. E Renzi ha già detto chiara­mente che è con questa maggioranza che si va avanti per dare continuità al lavoro impostato, sul fronte delle riforme e dell'economia. Le elezione europee ci dicono che vincono le forze più responsabili, la facile demagogia non ha premiato, non ha premiato Beppe Grillo e il Cav.

 

D. Certo Renzi ora avrebbe tutto l'interesse a capi­talizzare subito il risultato andando al voto.

R. Il premier ha dato prova di grande responsabilità verso il paese e rispetto per il parlamento. Solo il parlamento può to­gliere la fiducia al governo e andare al voto anticipato è cosa assai complicata, con un presidente delia repubblica che è molto attento alle proprie .prerogative e agli interessi degli italiani.

 

D. La riforma elettorale, dopo il voto europeo, suona terribilmen­te vecchia.

R. Io fossi nelle altre forze sposte­rei in alto la soglia dell'Italicum per arrivare al ballottaggio, fino al 50%. Come del resto il Pd ha più volte detto. E punterei a omogeneizzare le soglie di accesso al 4%, avremmo un sistema più limpido. L'importante comunque è una legge elettorale che assicuri la governabilità, e che questa legge sia fatta con maggiore consenso possibile in parlamento.

 

D. A leggere i risultati, il Pd ha stravinto anche grazie a voti che erano alle politiche andati ad al­tri. Non ha vinto il Pd di sinistra, ma quello che non ha la puzza sotto al naso. Problemi interni?

R. Un certo tipo di sinistra non vince più in nessuna parte del mondo. Abbiamo vinto grazie a una forte rimobilitazione del nostro elettorato ma anche sfondando in altre aree. La vo­cazione maggiorita­ria del resto significa prendere elettori che hanno votato anche centrodestra e por­tarli a votare Pd. É la lezione di Clinton, Schroeder, Blair. E di Renzi.

 

D. ll Pd è partito leader del centrosinistra euro­peo. Cosa cambia per le politiche economiche europee?

R. Il populismo antieuropeo ha dilagato un po' in tutta Europa, ri­sparmiando solo due paesi, Germa­nia e Italia. La Merkel è la leader del partito popolare europeo, Renzi della sinistra europea. La Germania capofila dei paesi del Nord Europa, l'Italia del Sud. Sono i due interlocutori per nuovo compromesso europeo. Per un nuovo assetto che consenta di uscire dalla crisi

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