Con la candidata alla segreteria del Pd provinciale Elisa Filippi è il trentino più vicino al futuro premier Matteo Renzi. GiorgioTonini lsenatore democratico, definisce «un azzardo» la scommessa del sindaco di Firenze ma allo stesso tempo lo ha ritenuto necessario. Per il bene dell'Italia e, probabilmente, anche delle autonomie come il Trentino.
Senatore Tonini con Renzi al governo sarà più semplice o più complicata la vita per l'autonomia speciale trentina? «Renzi è un sindaco e quindi, di per sé, un autonomista. Però, per forza di cose, è uno che pensa anzitutto alla centralità delle autonomie comunali, più che di quelle regionali. Appartiene a quella scuola di pensiero, per altro diffusa, che dice che l'Italia è fondata su due poli: lo Stato centrale e i Comuni. In fondo dice una cosa vera sia sotto il profilo storico, perché il comune è l'istituzione più radicata nella tradizione italiana, che del sentimento generale, perché i sindaci sono l'istitui-zione in questo momento più popolare».
Quindi si profilano tempi ancora più duri per Trento e Bolzano. «Non è detto, anzi. Questo suo pensare da sindaco lo fa essere istintivamente diffidente contro l'impostazione federalista fondata sulle Regioni anche perché l'Italia del "Nuovo titolo quinto" obiettivamente non è mai arrivata a regime e non ha mai funzionato: le regioni non sono riuscite a crescere nella considerazione degli
italiani. Questa posizione, di per sé non un è ostacolo ad avere una concezione rispettosa delle autonomie speciali, proprio perché in fondo esse sono nate come eccezioni autonomiste in un'Italia centralista che aveva solo nei comuni una forma di parziale decentramento». Capiremo il suo atteggiamento
quando leggeremo la squadra di governo che ha in mente?
«Ci sono le basi per sperare in bene visto che ad oggi il ministro più attento alla nostra autonomia è stato Delrio, che è braccio destro di Renzi, e che per i boatos sarà destinato ad un ruolo strategico come quello del sottosegretario alla presidenza. In ogni caso penso che noi trentini dovremo impegnarci come sempre a far valere le nostre ragioni, dimostrando la fondatezza dei nostri argomenti. Avremo però di fronte un partner attento perché nella sua testa c'è spazio per le autonomie speciali in quanto "eccezionali", meno per una repubblica fondata sulle regioni». A proposito diboatos, anche lei senatore Tonini è indicato tra i papabili per una poltrona di governo.
«Guardi, non sono ancora chiari i criteri con i quali Matteo sceglierà la sua squadra dunque non ho aspettative particolari. A me quello che interessa è che lui metta insieme una squadra che lo aiuti ad affrontare bene i problemi». Che non saranno pochi... «In effetti lui ha fatto una mossa molto azzardata su cui ha puntato tutto: un governo fondato non su una vittoria elettorale ma a seguito di una complessa
vicenda parlamentare ha bisogno di molte attenzioni. Io, però, penso che abbia fatto bene ad agire così. Il governo Letta era stanco, in debito di ossigeno, con due scelte sbagliatissime sulle spalle: l'essere andati dietro a Berlusconi sull'lmu buttando via un sacco di soldi da usare per la ripresa, e poi l'aver perso un anno di tempo sulle riforme istituzionali. A quel punto, non potendo tenere in piedi quel governo ma nemmeno potendo andare alle elezioni, perché il Pd sarebbe stato il partito più penalizzato, a Renzi non restava altra via che quella dell'azzardo. Proprio per questo lui avrà bisogno di fare risultato subito, e quindi di ministri più di sostanza che non di immagine. Serve gente preparata, competente, che conosca la macchina dello Stato ma senza esserne prigioniera». Più tecnici o politici? «Più politici, che, però, devono essere innovatori. Non gente che va al governo per occupare una sedia e tirare a campare. Servono persone che vogliono il cambiamento. Questo lo sa anche il Capo dello Stato che non a caso ha consigliato a Renzi di prendersi un paio di giorni in più per scegliere la squadra ma stringere bene i bulloni e partire in sicurezza». Senatore Tonini quante chance di riuscitadaaRenzi? «Largamente sopra il 50 per cento ma non dobbiamo dare nulla di scontato. Non è scongiurato il pericolo che la cosa non riesca e che si debba andare al voto, anche se ora nessuno ha interesse al fallimento di Matteo. L'importante per lui
è che parta con patti seri, e si dia obiettivi solidi. Penso che Alfano e i centristi abbiano tutto l'interesse a che governo riesca, altrimenti per lo stesso Alfano non resterebbe che tornare alla casa del padre come figliol prodigo con le pive nel sacco. A lungo andare si vedrà. Impossibile dire cosa accadrà nel 2018, ma io penso che se gli italiani vedono che la politica produce risultati effettivi sulla vita concreta dei cittadini, l'antipolitica e il voto di protesta potrebbero ridimensionarsi. A quel punto si tornerebbe ad una sana competizione tra un centrodestra e un centrosinistra rinnovati». Che obiettivi deve porsi il governo Renzi? «Bisognerà lavorare molto e fin
da subito alla correzione di linea politica a livello europeo. Non tanto per ottenere sconti o la possibilità di sforamento sul vincolo del 3%, quanto per ottenere, accanto al rigore nei bilanci degli stati, che si possa mettere in atto una politica espansiva da parte dell'Unione, o almeno dell'Eurozona. In questo momento, infatti, l'Italia non ha margini per mettere in campo una massa di risorse finanziarie per la crescita come ha fatto Obama. Serve che lo faccia l'Europa attraverso dei "project bond" che finanzino, per esempio, l'asse ferroviario del Brennero e altri investimenti che garantiscano crescita economica e riduzione del debito. Questo, unito a misure sull'occupazione alla Ichino o alla Boeri, e alla detassazione del lavoro potrebbero portare in un po' di tempo alla crescita e al calo della disoccupazione».