Feb
18
2014
Renzi, amico delle nostre autonomie
Intervista apparsa su "L'Adige"

Con la candidata alla segrete­ria del Pd provinciale Elisa Fi­lippi è il trentino più vicino al futuro premier Matteo Renzi. GiorgioTonini lsenatore demo­cratico, definisce «un azzardo» la scommessa del sindaco di Fi­renze ma allo stesso tempo lo ha ritenuto necessario. Per il bene dell'Italia e, probabilmen­te, anche delle autonomie co­me il Trentino.

Senatore Tonini con Renzi al go­verno sarà più semplice o più complicata la vita per l'autono­mia speciale trentina? «Renzi è un sindaco e quindi, di per sé, un autonomista. Pe­rò, per forza di cose, è uno che pensa anzitutto alla centralità delle autonomie comunali, più che di quelle regionali. Appar­tiene a quella scuola di pensie­ro, per altro diffusa, che dice che l'Italia è fondata su due po­li: lo Stato centrale e i Comuni. In fondo dice una cosa vera sia sotto il profilo storico, perché il comune è l'istituzione più ra­dicata nella tradizione italiana, che del sentimento generale, perché i sindaci sono l'istitui-zione in questo momento più popolare».

Quindi si profilano tempi ancora più duri per Trento e Bolzano. «Non è detto, anzi. Questo suo pensare da sindaco lo fa esse­re istintivamente diffidente contro l'impostazione federa­lista fondata sulle Regioni an­che perché l'Italia del "Nuovo titolo quinto" obiettivamente non è mai arrivata a regime e non ha mai funzionato: le regio­ni non sono riuscite a cresce­re nella considerazione degli

 

italiani. Questa posizione, di per sé non un è ostacolo ad ave­re una concezione rispettosa delle autonomie speciali, pro­prio perché in fondo esse sono nate come eccezioni autonomi­ste in un'Italia centralista che aveva solo nei comuni una for­ma di parziale decentramento». Capiremo il suo atteggiamento

quando leggeremo la squadra di governo che ha in mente?

«Ci sono le basi per sperare in bene visto che ad oggi il mini­stro più attento alla nostra au­tonomia è stato Delrio, che è braccio destro di Renzi, e che per i boatos sarà destinato ad un ruolo strategico come quel­lo del sottosegretario alla pre­sidenza. In ogni caso penso che noi trentini dovremo impegnar­ci come sempre a far valere le nostre ragioni, dimostrando la fondatezza dei nostri argomen­ti. Avremo però di fronte un partner attento perché nella sua testa c'è spazio per le au­tonomie speciali in quanto "ec­cezionali", meno per una re­pubblica fondata sulle regioni». A proposito diboatos, anche lei senatore Tonini è indicato tra i papabili per una poltrona di go­verno.

«Guardi, non sono ancora chia­ri i criteri con i quali Matteo sceglierà la sua squadra dun­que non ho aspettative parti­colari. A me quello che interes­sa è che lui metta insieme una squadra che lo aiuti ad affron­tare bene i problemi». Che non saranno pochi... «In effetti lui ha fatto una mos­sa molto azzardata su cui ha puntato tutto: un governo fon­dato non su una vittoria eletto­rale ma a seguito di una complessa

 

vicenda parlamentare ha bisogno di molte attenzio­ni. Io, però, penso che abbia fatto bene ad agire così. Il go­verno Letta era stanco, in de­bito di ossigeno, con due scel­te sbagliatissime sulle spalle: l'essere andati dietro a Berlu­sconi sull'lmu buttando via un sacco di soldi da usare per la ripresa, e poi l'aver perso un anno di tempo sulle riforme isti­tuzionali. A quel punto, non po­tendo tenere in piedi quel go­verno ma nemmeno potendo andare alle elezioni, perché il Pd sarebbe stato il partito più penalizzato, a Renzi non resta­va altra via che quella dell'az­zardo. Proprio per questo lui avrà bisogno di fare risultato subito, e quindi di ministri più di sostanza che non di imma­gine. Serve gente preparata, competente, che conosca la macchina dello Stato ma sen­za esserne prigioniera». Più tecnici o politici? «Più politici, che, però, devono essere innovatori. Non gente che va al governo per occupa­re una sedia e tirare a campa­re. Servono persone che voglio­no il cambiamento. Questo lo sa anche il Capo dello Stato che non a caso ha consigliato a Ren­zi di prendersi un paio di gior­ni in più per scegliere la squa­dra ma stringere bene i bullo­ni e partire in sicurezza». Senatore Tonini quante chance di riuscitadaaRenzi? «Largamente sopra il 50 per cento ma non dobbiamo dare nulla di scontato. Non è scon­giurato il pericolo che la cosa non riesca e che si debba an­dare al voto, anche se ora nes­suno ha interesse al fallimento di Matteo. L'importante per lui

 

è che parta con patti seri, e si dia obiettivi solidi. Penso che Alfano e i centristi abbiano tut­to l'interesse a che governo rie­sca, altrimenti per lo stesso Al­fano non resterebbe che torna­re alla casa del padre come figliol prodigo con le pive nel sac­co. A lungo andare si vedrà. Im­possibile dire cosa accadrà nel 2018, ma io penso che se gli ita­liani vedono che la politica pro­duce risultati effettivi sulla vi­ta concreta dei cittadini, l'anti­politica e il voto di protesta po­trebbero ridimensionarsi. A quel punto si tornerebbe ad una sana competizione tra un centrodestra e un centrosini­stra rinnovati». Che obiettivi deve porsi il gover­no Renzi? «Bisognerà lavorare molto e fin

da subito alla correzione di li­nea politica a livello europeo. Non tanto per ottenere sconti o la possibilità di sforamento sul vincolo del 3%, quanto per ottenere, accanto al rigore nei bilanci degli stati, che si possa mettere in atto una politica espansiva da parte dell'Unio­ne, o almeno dell'Eurozona. In questo momento, infatti, l'Ita­lia non ha margini per mettere in campo una massa di risorse finanziarie per la crescita co­me ha fatto Obama. Serve che lo faccia l'Europa attraverso dei "project bond" che finanzi­no, per esempio, l'asse ferro­viario del Brennero e altri inve­stimenti che garantiscano cre­scita economica e riduzione del debito. Questo, unito a misure sull'occupazione alla Ichino o alla Boeri, e alla detassazione del lavoro potrebbero portare in un po' di tempo alla cresci­ta e al calo della disoccupazio­ne».

 

 

 

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