Nov
19
2013
I Marņ, la NATO, l'Africa e l'UAL In evidenza
Pubblicato su: www.lavalsugana.it

La doppia bocciatura, della legge elettorale a doppio turno in Commissione affari costituzionali del Senato e della legge di stabilità in Commissione europea a Bruxelles, abbraccia i due principali eventi della settimana parlamentare appena trascorsa. Una settimana che si è conclusa, sul piano politico, con la doppia scissione del Pdl e di Scelta civica. Il mio incarico di capogruppo del Pd in Commissione esteri mi ha portato invece ad occuparmi della vicenda Marò, del futuro della NATO e della Difesa europea, e di come cambia la cooperazione allo sviluppo in Africa.

La mia lunga settimana fuori Trento è cominciata lunedì 11 novembre sera ad Arezzo: insieme ad Enrico Morando, abbiamo presentato il nostro libro, "L'Italia dei democratici, cambiare il Pd per cambiare il Paese", edito da Marsilio con la prefazione di Matteo Renzi. L'iniziativa era stata organizzata dai locali comitati per Renzi segretario: una folta platea, composta anche da molti giovani, si è cimentata fino a tardi con le nostre tesi e proposte.

Grazie a Renzi, il riformismo è tornato popolare e maggioritario nel Pd, come era stato ai tempi di Veltroni. Vedremo se il sindaco di Firenze (che nel corso della settimana passata, nei congressi locali, ha messo una seria ipoteca sulla segreteria del partito) sarà capace di imparare dagli errori dell'ex-sindaco di Roma (e di noi che abbiamo fondato e poi governato il Pd insieme a lui), per non ripeterli. A cominciare dall'errore più grave: quello di non essere riusciti a "ingegnerizzare", in una compiuta forma partito, l'intuizione del partito aperto, basato sulle primarie e più in generale sul protagonismo dei nostri elettori.

A Roma sono arrivato martedì 12 novembre mattina. La settimana scorsa l'Aula del Senato è rimasta chiusa, perché (come sempre, quando c'è la sessione di bilancio) tutto il lavoro si è concentrato nella discussione, in 5ª Commissione, degli emendamenti alla legge di stabilità. In ossequio alla raccomandazione del gruppo, io ne ho presentati pochissimi: un paio come capogruppo agli Esteri, per il sostegno alla cooperazione allo sviluppo e alle adozioni internazionali; come eletto in Trentino, ho invece firmato il famoso emendamento sulle autostrade del Nord-Est (Autobrennero e Serenissima); per il resto, poco altro. Vedremo quale sarà, su questi argomenti, e soprattutto sui rapporti finanziari tra lo Stato e le autonomie speciali, la posizione del governo.

La riunione più importante di martedì è stata quindi l'assemblea del gruppo Pd sulla riforma elettorale. Per la precisione, si è discusso della cosiddetta legge "di salvaguardia", ossia da approvare subito, in attesa della riforma costituzionale che richiede più tempo, ed evitare il doppio rischio: di tornare a votare col Porcellum, qualora la situazione politica dovesse precipitare; o di trovarsi di fronte ad una riforma scritta dalla Corte costituzionale, con grave per quanto meritato disdoro del parlamento.

Anna Finocchiaro, che presiede la Commissione affari costituzionali che sta affrontando la materia, ha chiesto di conoscere l'orientamento del gruppo sull'ipotesi di presentare in Commissione un ordine del giorno, favorevole a sostituire le attuali liste bloccate con le preferenze in piccole circoscrizioni, o con i collegi uninominali; a introdurre una soglia del 40-45 per cento dei voti per ottenere il premio di maggioranza che porta al 55 per cento dei seggi; a prevedere un secondo turno di spareggio per il premio di maggioranza tra le due liste o coalizioni più votate al primo turno.

La stessa Finocchiaro ha precisato che sulla soglia di accesso al premio e le preferenze (o i collegi) c'è in commissione un ampio consenso, potenzialmente maggioritario, mentre sul secondo turno sia il Pdl che il M5S sono contrari. Qualora si fosse votato l'ordine del giorno per parti separate, sarebbero quindi probabilmente passati i primi due punti, ma non il terzo. Risultato: si sarebbe andati verso una riforma elettorale nei fatti di impianto puramente proporzionale, restando il premio di maggioranza un obiettivo irraggiungibile per tutte e tre le principali forze politiche attuali.

L'assemblea si è divisa, nel dibattito, tra i contrari all'ordine del giorno, perché avrebbe avuto come effetto il ritorno al proporzionale, con conseguente sottrazione al cittadino-elettore del potere di decidere sul governo, che tornerebbe ad essere il frutto di trattative post-elettorali; e i favorevoli, in nome del principio che ogni sistema elettorale è meglio del Porcellum che l'ottimo è il peggior nemico del bene e che i nostri elettori non capirebbero una nostra esitazione nel cambiare la legge elettorale.

Alla fine del dibattito, quando Zanda ha messo ai voti la proposta di Anna Finocchiaro di portare in commissione l'ordine del giorno, ho proposto che si intendesse che la nostra proposta è un pacchetto unico, che comprende tutti e tre i punti e che non avremmo potuto accettare il voto per parti separate. Con questa mia specificazione il voto dell'assemblea è stato di approvazione all'unanimità.

Pochi minuti dopo tuttavia, in commissione, l'ordine del giorno, come previsto, non era approvato: con noi hanno votato solo Sel e Scelta civica, il Pdl e la Lega hanno votato contro, mentre i grillini e Francesco Palermo (gruppo delle autonomie) si sono astenuti. E siccome in Senato per vincere i favorevoli devono essere di più dei contrari e degli astenuti messi insieme, l'ordine del giorno non è passato.

Nei prossimi giorni, si voterà un ordine del giorno, presentato dalla Lega, per tornare al Mattarellum, cioè ai collegi uninominali. Un sistema non privo di controindicazioni, ma certamente migliore del Porcellum. Vedremo.

Mercoledì 13 mattina l'ambasciatore Staffan De Mistura, incaricato dal governo di seguire il caso dei Marò italiani sotto processo in India, è venuto in Senato a riferire, alle commissioni esteri e difesa di entrambe le Camere, sullo stato della vicenda. De Mistura, che si è dichiarato ottimista sull'esito del processo in corso a Delhi, non ha risposto alla maggior parte delle domande dei parlamentari, invocando comprensibili ragioni di prudenza in una fase così delicata del processo.

Non ha risposto neppure alla mia, di domanda. Dopo aver espresso tutto l'apprezzamento del Pd per l'operato del governo e dello stesso De Mistura, avevo chiesto all'ambasciatore di aiutarmi a capire un passaggio che mi resta oscuro: perché l'Italia non ha esercitato la giurisdizione sui Marò, che pure giustamente rivendica in sede internazionale e in contrasto con l'India, quando ha avuto il potere di farlo, cioè quando i due fucilieri di marina erano stati inviati in licenza in Italia?

A me, quella decisione degli indiani, abbastanza inusuale, ripetuta due volte, era parsa un chiaro messaggio in codice: arrestateli e processateli voi, noi protesteremo, ma dovremo arrenderci dinanzi all'argomento che anche in Italia, come in India, la magistratura è indipendente dal governo. Il problema è che noi, i Marò, li abbiamo portati in trionfo, anziché processarli.

Eppure l'accusa nei loro confronti è pesante: in perfetta buona fede, sia chiaro, ma hanno scambiato un peschereccio per un battello pirata, uccidendo due poveri pescatori. Un fatto grave, se dimostrato, per due professionisti, non un atto eroico. Se un poliziotto uccide un bambino scambiandolo per un rapinatore finisce sotto inchiesta, non viene ricevuto dal presidente della Repubblica... Ma la mia domanda, per ora, è rimasta senza risposta.

Giovedì 14 sono tornato a Trento, per votare Renzi al congresso del mio circolo, ma venerdì prima dell'alba sono ripartito, via Bergamo, alla volta di Bruxelles, dove in rappresentanza della Commissione Esteri del Senato, ho incontrato, insieme al collega Nicola Latorre, presidente della Commissione Difesa, il segretario generale della NATO, Rasmussen.

Oggetto dell'incontro, la mozione parlamentare in vista del prossimo Consiglio europeo di dicembre, che affronterà il nodo della costruzione di un sistema europeo di difesa, in progressivo coordinamento, integrazione e poi, speriamo, superamento, degli eserciti nazionali. La NATO è ovviamente molto interessata a questo, anche perché osserva la ormai insostenibile, assoluta dipendenza degli europei dagli americani, i quali peraltro vorrebbero un riequilibrio dell'impegno in Europa e sull'Atlantico (e il Mediterraneo), dovendo spostare una parte crescente del loro impegno verso l'Asia e il Pacifico.

Citando Degasperi, ho ricordato a Rasmussen i tre capisaldi storici della politica estera italiana: europeismo, solidarietà atlantica, proiezione nel Mediterraneo. Per noi questi tre punti sono inscindibili, quindi il nostro impegno per la Difesa europea non è in contraddizione, ma in sinergia con la NATO, e in entrambe le sedi noi chiediamo un riorientamento verso il fianco Sud, il Mediterraneo, ove si addensano sia le opportunità che i rischi per la pace e lo sviluppo.

Mentre ero a Bruxelles, da Bruxelles è partita per Roma una nota della Commissione europea che contiene un giudizio molto severo sul disegno di legge di stabilità presentato dal governo. La "Opinione" (si chiama così questo documento) della Commissione giudica la manovra del governo italiano insufficiente sia sotto il profilo della tenuta dei conti, sia sotto quello della ripresa della crescita economica.

In particolare, la Commissione esprime forti perplessità sul superamento cell'Imu e la sua sostituzione con una nuova tassa che dovrebbe dare un gettito inferiore. Del resto, solo pochi mesi fa Bruxelles aveva raccomandato all'Italia di spostare il carico fiscale, alleggerendo quello sul lavoro e sullverso proprietà e consumi. La rotta del governo non poteva essere più divergente.

Sabato mattina, a Genova, ho concluso i lavori di un gran bel convegno sulla cooperazione allo sviluppo con l'Africa, promosso da "SPeRA", Solidarietà, Risorse e Progetti per l'Africa, un cartello di istituzioni (a cominciare dalla Università di Genova) e associazioni di società civile. Tema del convegno: "Solidarietà italiana in Africa. Volontariato e imprese". In particolare, sono emerse idee nuove sulle possibili alleanze tra i settori profit e no-profit, la nuova frontiera della cooperazione allo sviluppo.

Finito il convegno genovese, ho preso la macchina e sono corso a Canazei, per la manifestazione dell'UAL (Union autonomista ladina), organizzata per festeggiare l'elezione di Beppe Detomas in Consiglio provinciale. Nel ricordo, vent'anni dopo la sua prematura scomparsa, di Ezio Anesi: sindaco di Canazei, consigliere provinciale e senatore socialista, eletto nel mio stesso collegio. Un uomo dalle radici saldamente piantate nella sua Valle di Fassa e, come tutti i veri autonomisti, capace di visione nazionale.

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