Con quasi il 60 per cento dei voti, Ugo Rossi sarà il nuovo presidente della piccola, ma ricca e potente, orgogliosa e rispettata Provincia autonoma di Trento. Rossi è stato fino ad oggi assessore alla sanità nella giunta presieduta da Lorenzo Dellai e retta negli ultimi mesi, dopo il salto di Dellai in Parlamento nelle file di Scelta Civica, dal democratico Alberto Pacher, che ha scelto di non ricandidarsi. Oggi Rossi è il vero vincitore delle elezioni in Trentino.
Insieme al senatore Franco Panizza, è stato protagonista di un profondo rinnovamento del suo partito, il Partito autonomista trentino tirolese (Patt), che oggi ha portato al record storico del 17 per cento, seconda forza politica trentina, a cinque punti dal Pd. Rossi e Panizza hanno radicato il Patt nel centrosinistra, superando la tradizionale postura "terzista" del partito delle stelle alpine. Grazie anche al superamento, da parte dei potenti cugini sudtirolesi della Svp, della linea "blockfrei" (libera dai blocchi, equidistante a Roma tra centrodestra e centrosinistra), avevano sottoscritto con Bersani un accordo che ha consentito al Pd di conquistare il premio di maggioranza, al centrosinistra autonomista di stravincere le politiche in Trentino Alto Adige, conquistando 16 seggi sui 19 in palio, e agli "autonomisti" Svp-Patt di portare in Parlamento 8 eletti.
Soprattutto, Rossi ha impresso al Patt una svolta pragmatica, superando la tentazione che Alcide Degasperi definiva del "gretto cantonalismo", in favore di una concezione aperta e riformista dell'autonomia. Su questa piattaforma innovativa, Rossi ha selezionato anche un gruppo dirigente rinnovato e ringiovanito e nel luglio scorso ha vinto le primarie del centrosinistra autonomista, superando di un'incollatura il candidato del Pd, Alessandro Olivi.
Insieme al Patt, il Pd è l'altro vincitore: unico partito sopra il 20 per cento, in un contesto di esasperata frammentazione, il Pd conferma il suo primato, agli stessi livelli del 2008. Soprattutto, il Pd conferma il suo ruolo di architrave della coalizione di centrosinistra autonomista e di unica grande forza politica nazionale presente in Trentino, dunque anche principale nodo di connessione tra autonomia provinciale e governo nazionale. Ma la "vocazione maggioritaria" del Pd, in Trentino è rinviata a tempi migliori. Il Pd non conquista la maggioranza della coalizione, dopo aver mancato, alle primarie, l'obiettivo di conquistarne la guida. Al Pd del Trentino manca infatti un leader capace di parlare a tutta la comunità provinciale e a tutta la coalizione di centrosinistra. Alberto Pacher, ex-sindaco di Trento e presidente reggente dopo Dellai, avrebbe potuto svolgere questo ruolo, ma ha preferito, con una scelta disinteressata che gli fa onore, ma che ha lasciato orfano il Pd, fare un passo indietro, "autorottamarsi" dopo vent'anni di impegno amministrativo.
Il terzo vincitore è dunque sempre lui, Lorenzo Dellai. È vero, la sua Upt è stata superata anche dal Patt, oltre che dal Pd. Ma ha retto bene la "scissione al centro" del suo ex-assessore Silvano Grisenti, che ha sfondato solo nel centrodestra, mentre è stato respinto con perdite lungo il confine di centrosinistra. Soprattutto, Dellai ha visto la sua creatura, la coalizione di centrosinistra autonomista a guida non-Pd, sopravvivere alla sua uscita di scena come presidente della Provincia e resistere alle ambizioni del Pd e al disegno neo-centrista.
Il grande sconfitto delle elezioni trentine è il centrodestra, vittima delle cure di Micaela Biancofiore. La pasionaria berlusconiana è riuscita a portare il centrodestra al minimo storico numerico e all'assoluta irrilevanza politica, sia in Trentino che in Alto Adige. In provincia di Trento, in particolare, Forza Italia al suo debutto nazionale si attesta su un umiliante 4 per cento, battuta perfino dalla Lega, che pure deve accontentarsi di un modesto 6. Il neo-centrismo di Grisenti, sconfitto nettamente dal centrosinistra autonomista può dunque consolarsi: a destra potrebbe trovarsi davanti una prateria.
Resta un ultimo dato, quello di Cinque Stelle: come il centrodestra senza Berlusconi, anche il grillismo senza Grillo non va lontano. A Trento si è fermato al 5 per cento.