Oct
21
2013
Tap, Trans-Adriatic Pipeline, gas dall'Azerbaijan alla Puglia
Pubblicato su: www.lavalsugana.it

Questa volta faccio un'eccezione. Alla vigilia delle elezioni provinciali (e regionali) provo a dire la mia sulla politica trentina invece che su quella romana. Del resto, la scorsa settimana, a Palazzo Madama, ci siamo occupati di due grandi questioni che torneranno ad impegnarci anche in quelle avvenire. Quindi ne parleremo comodamente nelle prossime puntate di questa rubrica.

Mi riferisco alla legge di stabilità, approvata dal Governo martedì 15 ottobre (ma il testo definitivo non è ancora noto) e che comincerà ad essere esaminata in Senato domani, martedì 22. E mi riferisco alle riforme costituzionali ed elettorali e all'ottima relazione che, sempre martedì scorso, ha tenuto in Senato il ministro Quagliariello, anche dando conto del lavoro dei "saggi" nominati dal Governo: sulla relazione si è aperto un ampio dibattito, segnato dall'ostruzionismo del Movimento Cinque Stelle; dibattito che si concluderà dopodomani, mercoledì 23, con il voto finale, a Palazzo Madama, sull'istituzione del Comitato bicamerale, in deroga all'articolo 138 della Costituzione, e dunque con la partenza effettiva del percorso delle riforme.

Giovedì scorso, 17 ottobre, è stata invece la politica estera a dominare la giornata parlamentare. Con l'audizione dei ministri Bonino e Mauro sulle missioni internazionali, militari e civili: ma anche di questo ci occuperemo nelle prossime settimane, quando arriverà in Senato, dopo l'approvazione della Camera, il decreto di rifinanziamento delle missioni stesse per l'ultimo trimestre del 2013.

L'unica questione trattata in modo conclusivo dall'aula del Senato è stata la ratifica, sempre giovedì scorso, del trattato internazionale per la realizzazione del TAP, il Trans-Adriatic Pipeline: un tubo lungo svariate centinaia di chilometri, che porterà il gas dell'Azerbaijan fino in Puglia, attraverso Turchia e Grecia. Un'opera di grande importanza, non solo per la nostra politica energetica (differenziare le fonti di approvvigionamento è infatti la condizione per spuntare prezzi più favorevoli), ma ben più radicalmente per la stessa autonomia politica e strategica dell'Europa. Che è inevitabile abbia rapporti di interdipendenza con la Russia, suo principale fornitore energetico. Ma "interdipendenza" è concetto assai diverso da quello di "dipendenza".

Mancano pochi giorni alle elezioni provinciali (e, non dimentichiamocelo, regionali). Negli scorsi fine settimana ho partecipato a numerosi incontri sul territorio, a sostegno del candidato presidente del centrosinistra autonomista, Ugo Rossi, e dei candidati del Pd che me l'hanno chiesto. Ho preso parte a incontri a Trento, con Andrea Rudari; nelle Giudicarie, con Gigi Olivieri e Giusy Tonini (non siamo parenti...); in Val di Non, con Rolando Valentini ed Elena Mondini; e naturalmente nel cuore del mio collegio, la Bassa Valsugana, dove ho affiancato più volte l'ottimo Nicola Ropelato. In questi numerosi incontri (altri ne farò nei prossimi giorni) ho detto a chi mi ascoltava quello che provo qui a riassumere per i lettori di questa rubrica.

Il Trentino non è un'isola. Per quanto dotato di una speciale autonomia, fa parte dell'Italia e partecipa della crisi gravissima che il nostro Paese sta attraversando. Una crisi dell'economia reale, ben prima che della finanza pubblica, che il Trentino deve affrontare, già oggi e ancor più in prospettiva, con meno risorse pubbliche di quelle di cui ha potuto disporre negli anni passati. Siamo quindi in presenza di una doppia difficoltà: perché dobbiamo affrontare problemi di inedita gravità e dobbiamo farlo con meno risorse.

Dalla crisi uscirà, prima e meglio, chi prima e meglio saprà cambiare se stesso: vale per ogni singolo lavoratore, per ogni singola impresa, per ogni comunità e ogni territorio. Non c'è nulla di più sbagliato infatti che paragonare la crisi ad un tunnel, nel quale si entra e poi ad un certo punto si esce, uguali a come si era entrati. La crisi nella quale siamo entrati non è un tunnel. Piuttosto è un tritacarne: è un meccanismo violento, che distrugge in modo implacabile vecchi mestieri, vecchi assetti, vecchie certezze. Ma è anche un meccanismo che ne crea di nuovi: è una "distruzione creatrice", avrebbe detto Schumpeter.

La crisi, fin qui, ha soprattutto "distrutto". E infatti ci ritroviamo nel pieno di una fase nella quale, come ha detto l'altra sera a Borgo Aldo Bonomi, ancora prevale il "non più": le aziende che chiudono, i posti di lavoro che si perdono, i capitoli dei bilanci pubblici che si assottigliano. Ma dentro la distruzione, si va facendo strada la "creazione" di qualcosa di nuovo: è il "non ancora", per dirla sempre con Bonomi, che non si vede compiutamente, ma che sta cominciando a farsi strada. Pensiamo solo a come stanno cambiando l'agricoltura, o il turismo, o l'edilizia... Anche in Valsugana.

La politica provinciale deve provare a guidare questi grandi e diffusi cambiamenti, innanzi tutto cambiando se stessa, facendo i conti con le risorse che calano, imparando, come dico da tanti anni, e come ha scritto sul suo materiale elettorale Michele Nardelli, uno dei candidati del Pd, a "fare meglio con meno". È difficile, ma non impossibile. È da sempre l'ossessione di ogni buon imprenditore: offrire alla sua clientela un prodotto o un servizio migliore a costi inferiori. È la sfida che il padre della nostra autonomia, Alcide Degasperi, vedeva davanti alle regioni e province a statuto speciale, che avrebbero dovuto dimostrare, diceva nel famoso discorso all'Assemblea costituente, di saper fare meglio dello Stato, spendendo meno dello Stato.

Guidare questa distruzione creatrice è una sfida grande per la politica trentina. E per ciascuno di noi, per ciascun cittadino-elettore. Dalle scelte che faremo domenica prossima dipenderà infatti una cosa molto semplice e molto importante: dipenderà se la Provincia (e, per la parte che dipende dal Trentino, la Regione) saprà essere più o meno all'altezza di questa sfida. La domanda che dobbiamo porci domenica, entrando con la scheda in mano nella cabina elettorale non deve essere quindi "di chi sono più o meno amico o parente?", o anche "con chi posso esprimere, con il tono di voce più alto possibile, tutta la mia rabbia e la mia protesta?", ma "chi penso possa essere meglio all'altezza di questo compito così difficile?"

Non è facile rispondere a quest'ultima domanda, maneggiando una scheda-lenzuolo, nella quale sono scritti i nomi di 11 (undici!) candidati presidenti e poco meno di trenta liste. Però ci si può attenere a qualche utile criterio.

Il primo è quello di eliminare dall'elenco delle scelte di voto possibili tutte le proposte di candidato-presidente e di lista che non hanno la massa critica minima per proporsi come una forza di governo: tutte le listine messe insieme quasi per gioco, ma anche i tanti frammenti in cui si è spezzettato il centrodestra, grazie al genio distruttivo di Micaela Biancofiore. Restano i Cinque Stelle, il progetto Grisenti-Mosna e il centrosinistra autonomista di Ugo Rossi.

È possibile che i grillini abbiano un risultato consistente, in termini di voti. E dalle loro parti non mancano idee e proposte talvolta interessanti, nonché candidati, spesso e volentieri giovani, tutt'altro che impreparati. Ma come non mi metterei nelle mani di un'equipe di chirurghi alla loro prima esperienza, così non darei il Trentino in mano ad un gruppo ancora così inesperto e improvvisato, nel quale prevalgono i radicalismi piuttosto che la concretezza. E la protesta, piuttosto che la proposta.

Diverso è il caso del progetto Grisenti-Mosna. Qui l'esperienza abbonda, ma è il significato politico dell'operazione che non solo non mi convince, ma mi preoccupa e molto. Lo riassumo così: pur di far tornare Silvano Grisenti in Consiglio e possibilmente in Giunta provinciale, non si esita a mettere a repentaglio la governabilità del Trentino, trasformando la politica trentina in una brutta copia di quella romana.

Mi spiego meglio. Ho sempre pensato e continuo a pensare che Silvano Grisenti sia una persona perbene. Essere una persona perbene non significa essere perfetti, né puri. Del resto, nessuno è puro agli occhi del Signore, dice la Bibbia. Ma Silvano Grisenti è una persona perbene che ha commesso degli errori, alcuni dei quali censurati dalla legge. Non sono errori gravi, ma non erano gravi neppure gli errori commessi da presidenti della Repubblica (come in Germania), o ministri di diversi paesi occidentali, che per averli commessi hanno lasciato gli incarichi che ricoprivano e la vita politica.

Grisenti, a causa di quegli errori, non ha potuto ricandidarsi col centrosinistra autonomista. Perché noi vorremmo una politica che, anche sotto questo profilo, assomigliasse di più a quella europea che non a quella italiana: nella quale, a quanto pare, neppure una condanna definitiva per frode fiscale, come quella che ha raggiunto Berlusconi, è considerata motivo sufficiente per fare un passo indietro.

Grisenti, al quale non mancano capacità organizzative e politiche, ha dunque inventato un nuovo contenitore elettorale, dalla identità e cultura politica piuttosto vaghe e incerte, ma che ha come chiaro obiettivo politico quello di riportare "il Silvano", non solo in Consiglio provinciale, ma addirittura in Giunta. Per il primo obiettivo, basta mettere insieme un certo numero di voti, sicuramente alla portata di Grisenti. Per il secondo invece, bisogna tenere Ugo Rossi e il centrosinistra autonomista sotto la soglia del 40 per cento, impedirgli di conquistare il premio di maggioranza e costringerlo ad allargare la coalizione e a negoziare sulla composizione della Giunta.

Si tratta, naturalmente, di un obiettivo perfettamente legittimo. Purché sia spiegato in modo chiaro e trasparente. Votare per il progetto di Grisenti e Mosna non significa infatti votare per Mosna presidente: se davvero avessero voluto portare l'uomo coi baffi alla presidenza della Provincia, avrebbero dato vita ad una coalizione più vasta e credibile. Votare per il progetto di Grisenti e Mosna significa votare contro l'autosufficienza del centrosinistra autonomista. Dunque puntare su un Trentino ingovernabile, nel quale invece della stabilità garantita in questi anni da Dellai e dal centrosinistra autonomista, avremo la precarietà delle giunte, proprio come abbiamo la precarietà dei governi a Roma.

È una responsabilità grave, quella che si è assunta chi sostiene il progetto Grisenti-Mosna: far rischiare l'ingovernabilità al Trentino nel pieno della crisi più difficile che abbia dovuto affrontare dal dopoguerra ad oggi. Un rischio che può essere scongiurato solo in un modo: votando per Ugo Rossi e per la coalizione di centrosinistra autonomista. In nome delle tante cose buone fatte negli anni passati

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