Signor Presidente del Senato, colleghi senatori, signor Presidente del Consiglio, il Gruppo del Partito Democratico la ringrazia per la puntuale e tempestiva informativa, che del resto rientra - l'ha ricordato anche lei - in una buona prassi che abbiamo instaurato nell'anno passato, caratterizzata da un rapporto costante di informazione e di confronto tra il Governo ed il Parlamento sulle politiche europee. Mi permetto di chiedere al Presidente del Senato che tale prassi non venga perduta: se - come tutti ci auguriamo - avremo un nuovo Governo, sarà impegno di questo e del Parlamento mantenere e rafforzare tale prassi di confronto.
Vorrei ringraziare il Presidente del Consiglio soprattutto per il grande lavoro svolto in quest'anno e mezzo, che ha avuto proprio nella riconquistata credibilità e autorevolezza dell'Italia in sede europea, e nel Consiglio europeo in modo particolare, il suo frutto più importante e - ci auguriamo - duraturo, non effimero.
Le riconquistate credibilità ed autorevolezza dell'Italia in Europa non sono figlie soltanto della personale stima di cui gode in sede europea il presidente Monti, ma sono frutto, innanzi tutto, delle riforme messe in atto dal Governo con il sostegno imprescindibile del Parlamento.
Nel corso dell'ultimo anno della passata legislatura c'è stato in queste Aule - anche se, a sentire l'intervento della collega Bonfrisco, sembrerebbe che solo una parte del Parlamento ha sostenuto queste politiche; qualcun altro lo ha fatto a sua insaputa, evidentemente (Applausi dai Gruppi PD e SCpI) - il sostegno imprescindibile del Parlamento e delle forze politiche, nonché un sostegno delle forze sociali e dell'opinione pubblica in generale, pur nella difficoltà, nella durezza, anche nel dissenso in alcuni passaggi.
È stato grazie a queste riforme che l'Italia ha potuto centrare l'obiettivo del pareggio strutturale di bilancio - e sottolineo l'importante aggettivo "strutturale", che è perché sottintende un pareggio che contempla il ciclo economico e che ne tiene conto - e predisporre quella riserva di credibilità e di agibilità finanziaria che consente oggi di impiegare risorse per la crescita e l'occupazione.
In questo quadro, l'apertura, per quanto cauta - diciamo pure timida - del Consiglio europeo ad un riorientamento strategico delle priorità di politica economica comune, nel senso della promozione della crescita e del sostegno alla creazione di posti di lavoro, in particolare nei confronti dei giovani, è un fatto nuovo che non deve essere enfatizzato oltre misura (da questo punto di vista le ragioni di cautela di tanti colleghi sono giuste) ma che sarebbe sbagliato e controproducente sottovalutare, perché in fondo è un primo successo del nostro lavoro, del lavoro dell'Italia insieme ad altri Paesi (lo ha ricordato il presidente Monti): pensiamo al riorientamento che le elezioni francesi hanno prodotto sull'indirizzo complessivo dell'Europa.
Così come è un fatto nuovo, che abbiamo salutato con grande favore, la altrettanto cauta apertura, confermata dalla dichiarazione congiunta dei commissari Rehn e Tajani, al pagamento dei debiti commerciali della nostra pubblica amministrazione nei confronti delle imprese, una cautela rafforzata da voci in sede di Commissione che escluderebbero l'Italia da questo beneficio; ma noi prendiamo ovviamente per buona la rassicurazione che ha dato il presidente Monti su questo aspetto. Si tratta di un passaggio di vitale importanza, sul quale credo che tutta l'Aula consenta. Non può esserci, infatti, risanamento della nostra finanza pubblica che sia fondato sulla rovina del sistema produttivo; se non c'è produzione del reddito non può esserci neppure superamento di una politica fondata sul deficit e sul debito che nel lungo periodo ha portato l'Italia nella situazione insostenibile in cui ci siamo poi trovati.
Il risanamento è quindi necessario ma esso non può non collegarsi e coniugarsi con politiche di crescita e di sostegno al sistema delle imprese. Da questo punto di vista l'impegno della pubblica amministrazione a pagare i debiti nei confronti delle imprese è un passaggio di assoluta e fondamentale rilevanza. È anche la prova che l'Europa può cambiare, perché l'Europa siamo noi: non c'è l'Europa rispetto a noi. Noi siamo un pezzo importante dell'Europa e abbiamo misurato in questi mesi l'importanza, nel male e nel bene, del peso dell'Italia in sede europea: l'Italia poteva essere l'elemento che avrebbe potuto far crollare il sistema dell'euro; è stata e può essere oggi il motore di un cambiamento, anche di orientamento politico, a livello europeo.
Ugualmente importante è l'enfasi posta dal Consiglio europeo sulla correzione degli squilibri macroeconomici, un nuovo patto tra Paesi in deficit per le riforme strutturali per la competitività e Paesi in surplus che accentuino politiche espansive. Qui è la verità - mi rivolgo al collega Crimi - delle critiche di Krugman, ma tali critiche non possono essere utilizzate per incentivare la pratica della crescita in deficit, della crescita a debito, ma piuttosto per un nuovo patto a livello europeo che, da un lato, aiuti e sostenga i Paesi che devono ritrovare la sostenibilità della crescita e, dall'altro, accentui le politiche espansive per i Paesi in surplus. Oggi, infatti, il vero grande squilibrio a livello europeo è innanzitutto di tipo macroeconomico prima ancora che finanziario.
Così come, da parte nostra, c'è l'idea che certo dobbiamo rivedere la governance europea, perché finalmente ci vorrà - noi speriamo il più presto possibile, ma sappiamo che l'Europa ha i suoi tempi lunghi - dentro quel Consiglio a 27 una figura forte e legittimata direttamente dal voto degli europei, che, accanto alla sinfonia sempre difficile degli interessi nazionali, introduca l'elemento cruciale, centrale e strategico dell'interesse europeo. Questo credo debba essere il ruolo dell'Italia: rilanciare il progetto europeo, non per chiamarci fuori o chiedere deroghe, ma per chiedere un rilancio positivo della forza del sogno europeo.
Signor Presidente, colleghi, tutto questo sarà possibile se l'Italia avrà presto un Governo: presto - anzi, subito - abbiamo bisogno di un Governo che non disperda i risultati che insieme abbiamo conseguito nell'anno alle nostre spalle e che non lasci cadere le ancora timide, ma importanti opportunità che il parziale aggiustamento di rotta europeo mette davanti al nostro Paese.
Come ha rilevato il Presidente della Repubblica nei giorni scorsi, non sembrano esistere in Italia le condizioni per un Governo di grande coalizione. La proposta del Partito Democratico è quella di un Governo politico di cambiamento, per avviare in modo costruttivo e produttivo la legislatura, instaurando un clima di dialogo e di collaborazione in Parlamento con tutte le forze politiche, sulla base del quale individuare un percorso condiviso per le riforme costituzionali, istituzionali ed elettorali che renda utile questa legislatura; poi, quando sarà il momento, ci sarà anche il ricorso alle urne, che oggi rischia invece di non essere utile, anche come extrema ratio che pure il nostro sistema prevede.
Questa è l'unica proposta per restituire credibilità alla politica - a cominciare da quella del Parlamento - agli occhi dei cittadini e per ridare speranza al nostro Paese. (Applausi dai Gruppi PD e SCpI e del senatore Pepe).