Per vincere le elezioni e governare stabilmente l’Italia, il PD deve interloquire con l’Agenda Monti, inserendo nel programma di governo - a base della candidatura alla premiership di Bersani - le scelte essenziali.
L’Europa, innanzitutto. Se vogliamo forme di gestione comune di quote del debito sovrano (Eurobond), allora dobbiamo apertamente rivendicare, non semplicemente accettare, che ogni Paese sia soggetto al “coordinamento” da parte degli organismi comunitari.
Mentre il PDL ha già formulato un netto rifiuto di questa prospettiva, il PD deve impegnarsi perché nuovi trattati e nuovi accordi per cooperazioni rafforzate vengano ad aggiungersi a quelli già conclusi, ma non deve proporsi di rimettere in discussione questi ultimi: mantenimento del pareggio strutturale di bilancio e riduzione del debito, anche attraverso operazioni sul patrimonio pubblico, sono scelte corrispondenti agli interessi nazionali e condizioni di ulteriore crescita della nostra credibilità in Europa, indispensabile per realizzare progressi sulla strada della politica economica e fiscale comune.
Alla dimensione nazionale, le indicazioni dell’Agenda, lungi dall’essere tacciabili di thatcherismo, sono compatibili con gli orientamenti programmatici del PD, come grande forza riformista di centrosinistra. Lo dimostra questa rassegna, volutamente concentrata sui temi più controversi.
Sul fisco: riduzione della spesa e della pressione fiscale man mano che avrà successo l’azione di riduzione del debito, agendo nel frattempo per un deciso riequilibrio del carico fiscale, a favore delle donne e dei produttori (lavoro e impresa) e a carico dei patrimoni e dei consumi. E soprattutto: ogni Euro da lotta all’evasione vada a ridurre la pressione fiscale sui produttori.
Sulla spesa pubblica: la revisione della spesa pubblica è la madre di tutte le riforme, se è vero che oggi abbiamo livelli di spesa pubblica elevatissimi (sopra il 50% del PIL) e risultati di crescita economica e lotta alla diseguaglianza gravemente insufficienti.
Sulla trasparenza della PA: si adotti in Italia una norma identica al Freedom of Information Act degli USA e si introduca rapidamente l’approccio open data.
Sul mercato del lavoro e la tutela dei lavoratori: l’obiettivo è il superamento del dualismo fra lavoratori protetti e non protetti, sviluppando la riforma Fornero - senza ritorni all’indietro: ipotizzare nuovi interventi parlamentari sull’art. 18 è appena meno destabilizzante della promozione del referendum - verso un sistema di tutele dalla disoccupazione davvero universale.
Sulla contrattazione e la partecipazione dei lavoratori: gli incentivi fiscali sulla quota di salario da accordi decentrati accrescono i salari e la produttività; mentre l’attuazione della delega Fornero potrà aprire la stagione della partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’impresa (utili e/o azionariato).
Sulla scuola: autonomia e responsabilità fondata sulla valutazione di tutto e di tutti, come chiavi di volta di una radicale riorganizzazione che renda nuovi investimenti pubblici in istruzione produttivi di crescita del capitale umano.
Sul Mezzogiorno: promozione dell’alleanza per le riforme, alternativa alla coalizione della rendita in cui convergono gli interessi di un mondo imprenditoriale legato ai trasferimenti pubblici e di un ceto politico-burocratico, volto al mantenimento di privilegi e allo scambio economico o elettorale.
Sulle riforme istituzionali ed elettorali, il PD deve proporre soluzioni radicali per la crisi del sistema politico, incapace sia di decidere, sia di rappresentare: semipresidenzialismo alla francese, sistema elettorale uninominale maggioritario a doppio turno e superamento del bicameralismo perfetto, con una sola camera politica e la creazione del Senato delle Regioni.
É in questo nuovo quadro istituzionale che - nelle autonomie regionali e locali - potrà tornare ad applicarsi il principio di responsabilità: chi decide la spesa si deve far carico di reperire, fra i cittadini e le imprese governati, le risorse necessarie per finanziarla. E il “processo di consultazione” delle parti sociali potrà prendere il posto della concertazione, che ha esaurito da tempo le sue capacità dinamiche.
Noi dunque insistiamo: il PD può e deve considerare queste scelte se non direttamente “sue” - come alcuni di noi vorrebbero - del tutto compatibili col suo orizzonte politico-programmatico. Per questo, chiediamo a Pier Luigi Bersani - segretario del nostro partito e candidato Presidente del Consiglio - di considerare l’Agenda Monti per quello che è: un insieme di proposte ineludibili per definire quello che potrà diventare il programma del nuovo governo del Paese.
Stefano Ceccanti, Antonio Funiciello, Paolo Gentiloni, Paolo Giaretta, Claudia Mancina, Alessandro Maran, Enrico Morando, Magda Negri, Umberto Ranieri, Giorgio Tonini, Salvatore Vassallo
Per vincere le elezioni e governare stabilmente l’Italia, il PD deve interloquire con l’Agenda Monti, inserendo nel programma di governo - a base della candidatura alla premiership di Bersani - le scelte essenziali.
L’Europa, innanzitutto. Se vogliamo forme di gestione comune di quote del debito sovrano (Eurobond), allora dobbiamo apertamente rivendicare, non semplicemente accettare, che ogni Paese sia soggetto al “coordinamento” da parte degli organismi comunitari.
Mentre il PDL ha già formulato un netto rifiuto di questa prospettiva, il PD deve impegnarsi perché nuovi trattati e nuovi accordi per cooperazioni rafforzate vengano ad aggiungersi a quelli già conclusi, ma non deve proporsi di rimettere in discussione questi ultimi: mantenimento del pareggio strutturale di bilancio e riduzione del debito, anche attraverso operazioni sul patrimonio pubblico, sono scelte corrispondenti agli interessi nazionali e condizioni di ulteriore crescita della nostra credibilità in Europa, indispensabile per realizzare progressi sulla strada della politica economica e fiscale comune.
Alla dimensione nazionale, le indicazioni dell’Agenda, lungi dall’essere tacciabili di thatcherismo, sono compatibili con gli orientamenti programmatici del PD, come grande forza riformista di centrosinistra. Lo dimostra questa rassegna, volutamente concentrata sui temi più controversi.
Sul fisco: riduzione della spesa e della pressione fiscale man mano che avrà successo l’azione di riduzione del debito, agendo nel frattempo per un deciso riequilibrio del carico fiscale, a favore delle donne e dei produttori (lavoro e impresa) e a carico dei patrimoni e dei consumi. E soprattutto: ogni Euro da lotta all’evasione vada a ridurre la pressione fiscale sui produttori.
Sulla spesa pubblica: la revisione della spesa pubblica è la madre di tutte le riforme, se è vero che oggi abbiamo livelli di spesa pubblica elevatissimi (sopra il 50% del PIL) e risultati di crescita economica e lotta alla diseguaglianza gravemente insufficienti.
Sulla trasparenza della PA: si adotti in Italia una norma identica al Freedom of Information Act degli USA e si introduca rapidamente l’approccio open data.
Sul mercato del lavoro e la tutela dei lavoratori: l’obiettivo è il superamento del dualismo fra lavoratori protetti e non protetti, sviluppando la riforma Fornero - senza ritorni all’indietro: ipotizzare nuovi interventi parlamentari sull’art. 18 è appena meno destabilizzante della promozione del referendum - verso un sistema di tutele dalla disoccupazione davvero universale.
Sulla contrattazione e la partecipazione dei lavoratori: gli incentivi fiscali sulla quota di salario da accordi decentrati accrescono i salari e la produttività; mentre l’attuazione della delega Fornero potrà aprire la stagione della partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’impresa (utili e/o azionariato).
Sulla scuola: autonomia e responsabilità fondata sulla valutazione di tutto e di tutti, come chiavi di volta di una radicale riorganizzazione che renda nuovi investimenti pubblici in istruzione produttivi di crescita del capitale umano.
Sul Mezzogiorno: promozione dell’alleanza per le riforme, alternativa alla coalizione della rendita in cui convergono gli interessi di un mondo imprenditoriale legato ai trasferimenti pubblici e di un ceto politico-burocratico, volto al mantenimento di privilegi e allo scambio economico o elettorale.
Sulle riforme istituzionali ed elettorali, il PD deve proporre soluzioni radicali per la crisi del sistema politico, incapace sia di decidere, sia di rappresentare: semipresidenzialismo alla francese, sistema elettorale uninominale maggioritario a doppio turno e superamento del bicameralismo perfetto, con una sola camera politica e la creazione del Senato delle Regioni.
É in questo nuovo quadro istituzionale che - nelle autonomie regionali e locali - potrà tornare ad applicarsi il principio di responsabilità: chi decide la spesa si deve far carico di reperire, fra i cittadini e le imprese governati, le risorse necessarie per finanziarla. E il “processo di consultazione” delle parti sociali potrà prendere il posto della concertazione, che ha esaurito da tempo le sue capacità dinamiche.
Noi dunque insistiamo: il PD può e deve considerare queste scelte se non direttamente “sue” - come alcuni di noi vorrebbero - del tutto compatibili col suo orizzonte politico-programmatico. Per questo, chiediamo a Pier Luigi Bersani - segretario del nostro partito e candidato Presidente del Consiglio - di considerare l’Agenda Monti per quello che è: un insieme di proposte ineludibili per definire quello che potrà diventare il programma del nuovo governo del Paese.
Stefano Ceccanti, Antonio Funiciello, Paolo Gentiloni, Paolo Giaretta, Claudia Mancina, Alessandro Maran, Enrico Morando, Magda Negri, Umberto Ranieri, Giorgio Tonini, Salvatore Vassallo