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Partito democratico futuro nelle nostre mani

Trentino, 16 aprile 2007


Sono un elettore del centrosinistra, da poco qualcosa di pił, ma poco di pił, visto che risulto essere inscritto da circa un anno e mezzo ad uno dei partiti della coalizione.

 

In questo anno e mezzo sono stato attratto dall’idea del futuro partito democratico pur con una partecipazione per così dire “sull’uscio”, in attesa di capire se uscire o entrare, se stare a guardare o inoltrarmi di più, oppure fuggirmene di nuovo nelle mie categorie precedenti, avulse da un impegno politico responsabile ma comunque pregnanti di impegno professionale e sociale.

Due anni fa ho partecipato alle primarie dell’Ulivo, era da tanti anni che non facevo un atto politico oltre la semplice partecipazione alle elezioni, dai tempi del movimento studentesco degli anni settanta (io ho quarantotto anni). Sto seguendo in questi giorni il dibattito nell’arena politica locale e nazionale sulla costruzione del partito democratico o comunque di un nuovo soggetto politico. Ho visto le prese di posizione di Giovanni Kessler, la direzione imboccata decisamente da Remo Andreolli, il procedere attento di Giorgio Lunelli, l’”amiguismo” costruttivo di Lorenzo Dellai (scusate il neologismo ma dobbiamo inventare qualcosa di nuovo per lui e lo dico con inquieta ammirazione) e inoltre il piano nazionale con Rutelli e Fassino il cui autorevole portatore d’acqua locale mi sembra essere Giorgio Tonini. Ma la cosa che mi interessa di più è la “cosa in se” se vogliamo definire così la costruzione del nuovo. Oltre alle persone che parlano dell’idea è l’idea stessa che ad un certo punto si astrae dalle persone che l’hanno pensata, come ci insegna un grande filosofo moderno come Popper. Questa idea acquista vita autonoma, procede da sola mentre coloro che ne parlano consciamente oppure inconsciamente rientrano in un copione già definito e stabilito dall’idea stessa. L’idea, per potersi astrarre dalle persone deve essere un’idea vera. L’idea vera è tale se dimostra la sua forza nel determinare un dibattito tra sostenitori o oppositori, tra conservatori delle storie pregresse e innovatori della nuova storia. L’idea è quella di un grande partito progressista che ci porti, come mi sembra asserisca anche Tonini verso una dimensione più Europea, oppure, come ha spiegato il politologo Sergio Fabbrini, verso la formazione di uno strumento che ci consenta di governare la nostra autonomia già aquisita.

Il mio ovviamente è un intervento dal basso, di uno dei tanti partecipanti alle Primarie di due anni fa, di uno di quelli che politici di mestiere auspicano che debbano partecipare di più alla politica. E allora per dar voce al mio piccolo contributo, descrivo un paio di scene del mio pregresso famigliare.

 

Titolo della prima scena: gli interessi particolari. Tanti anni fa, mio padre, umile operaio ma di idee conservatrici, mi diceva continuamente che in Italia c’erano troppi partiti e si lamentava dell’incapacità della politica di risolvere la questione. Eravamo in un’epoca in cui sia la DC che il PCI veleggiavano attorno al 30 % ognuno ma già allora, in mancanza di premi di maggioranza, i governi erano sempre difficili a formarsi e a mantenersi. Attualmente, pur con la legge elettorale modificata, la situazione rispetto alla governabilità rimane sempre critica. Mio padre forse allora intuiva ma attualmente noi, nel qui ed ora, sappiamo che i sistemi di potere oligarchico tra partiti e partitini hanno contato e contano nel non voler cambiare lo scenario che attualmente tutela gli interessi particolari di tutti. Ma anche quando ci spostiamo dagli aridi terreni dei giochi di potere al fertile terreno dei principi ideali il processo risulta difficile a compiersi Per la formazione del nuovo bisogna lasciare il vecchio e questo rappresenta una perdita intollerabile per molti. Questo è evidente ad esempio quando l’ancoraggio rispetto al socialismo europeo o alle radici del solidarismo cattolico del nuovo soggetto politico viene posto come necessità. Ma come un figlio che conterrà il patrimonio di entrambi i genitori pur affermando un proprio ruolo identitario così dovrà essere necessariamente per il nuovo soggetto politico in cui la plularita di provenienze possa essere valore aggiunto piuttosto che freno inibitore.

 

Titolo della seconda scena: passione e partecipazione. Due anni fa, mentre mi avviavo a votare per le primarie dell’Ulivo ho incrociato e salutato mentre usciva dal seggio il mio vecchio zio di principi autonomisti e conservatori anche se portato ad uno spiccato senso della giustizia sociale. Mi sono stupito della sua presenza inaspettata è mi sono ricordato le liti che facevo da giovane con mia madre quando lei voleva che votassi il partito autonomista della zio mentre io preferivo allora la sinistra radicale. Mi sono chiesto quale fosse il segno di questa insolita vicinanza è mi sono dato la risposta nel comune sentire antiberlusconiano che io e lo zio evidentemente sentivamo dentro di noi. Mi sono allora chiesto se la vecchia divisione tra sinistra e destra, tra altruisti ed egoisti, non debba essere superata in forza di una visione che alcuni di noi possano avere del proprio benessere in comunione, partecipazione e dipendenza dal benessere degli altri piuttosto della visione di alcuni altri che possono desiderare il proprio benessere a discapito se non slegato dal benessere di altri. Se la passione di molti alle Primarie di allora è stata mobilitata attorno al catalizzatore negativo del sistema di potere della destra che all’epoca governava il Paese lo scenario politico attuale rende prioritaria la creazione di un catalizzatore positivo che muova passioni e mobilizzi partecipazione.

 


Conclusione: quale scenario ? Il processo del nuovo, l’apertura di uno spazio di fronte a noi. Angelo Agostini sull’Adige esortava i politici a dirci cosa è il Partito Democratico. Ma come l’impresa di Colombo verso l’America si basava sia su alcuni assunti preesistenti come la cartografia medioevale o tolemaica ma si muoveva comunque verso l’ignoto geografico del tempo cosi anche la nostra impresa di dimensioni più limitate non potrà essere programmata completamente a priori. E’ un processo che si deve aprire è che avrà esiti che dipenderanno anche dalla partecipazione e dalla passione di tutti noi.

 

 

Roberto Perghem